Esattamente, in che cosa consiste la complessità e la molteplicità di una popolazione aziendale oggi? Quali sono, nel merito, i temi che stanno impegnando chi è chiamato a gestire le organizzazioni?
In principio era la convivenza tra “giovani” e “vecchi”: come fare in modo che generazioni diverse potessero lavorare insieme, superando le macro-differenze di mentalità. Sul finire del XX secolo, l’arrivo delle donne nel mondo del lavoro ha aggiunto un ulteriore tassello.
E poi, il nuovo millennio ha portato con sé un’improvvisa accelerazione tecnologica, culturale, sociale, inaugurando l’era della complessità vera e propria, prodotta dall’incrocio delle differenze di genere e di quelle tra 5 generazioni compresenti nella medesima azienda. Questo significa che non è più una semplice questione di linguaggi e comunicazione tra gli individui: si tratta di ripensare il modo stesso di organizzare e gestire luoghi e processi aziendali, usando nuove tecnologie e nuovi approcci mentali per rispondere a bisogni molto differenziati tra di loro.
L’indagine condotta da Generation Mover tra i membri di un’associazione di consulenti HR, riportata nel libro di Isabella Pierantoni Come gestire 5 generazioni in azienda, ha raccolto alcune interessanti risposte alla domanda che ci siamo posti qui sopra: il messaggio di fondo è che le questioni per le quali i lavoratori chiedono un intervento di supporto cambiano in funzione del genere e dell’età.
Solo un paio di esempi: l’importanza dell’equilibrio tra vita professionale e vita privata tra gli X Gen è più sentita dalle donne, ma diventa decisamente un tema maschile tra gli Y Gen; viceversa, quello della crescita professionale è un punto sensibile più per gli uomini X Gen e più per le donne Y Gen, ma per le donne della X Generation il tema è molto meno sentito.
Ai contenuti di questa ricerca stanno per aggiungersi quelli di un ulteriore studio realizzato nel 2015 con un duplice obiettivo: fotografare la dimensione e la distribuzione di genere e di età nella popolazione aziendale italiana; individuare e definire un modello in grado di facilitare lo sviluppo di strategie, modelli di leadership e meccanismi di comunicazione adeguati alla nuova realtà.
E’ appunto questo lo “Smart Working”: non semplicemente “lavorare da casa” – che si chiama “telelavoro” ed è una semplice applicazione organizzativa – ma ri-fondare la filosofia di base del mondo lavorativo attraverso:
- la collaborazione tra persone praticata con piattaforme condivise e utilizzabili a prescindere dal luogo in cui ci si trova,
- rapporti fondati su fiducia e responsabilizzazione adulta e individuale,
- dissolvimento del binomio “perfomance/ufficio fisico”.
Ma ciò che i Millenials e la Z Generation danno per scontato deve, invece, essere ancora compreso dai più adulti della X Generation e si scontra con le resistenze dei Boomers.
La sfida è quella di saper parlare il linguaggio giusto per ogni generazione nel momento in cui si promuove un cambiamento così profondo: conoscere il territorio per decidere le azioni più efficaci è appunto l’obiettivo che si pone Generation Mover con le sue ricerche sul campo prima e i suoi interventi a sostegno delle aziende poi.
Mattia Rossi