Sono circa 3,5 milioni i giovani italiani (parte della Z Gen) chiamati al voto il prossimo 25 settembre*, rappresentano il 7% degli aventi diritto.
Un numero che comincia a diventare rilevante anche per i politici visto l’aumento di chi invece decide di non votare, il ‘partito’ ad oggi più numeroso in Italia. I programmi elettorali dei partiti cominciano ad esporre temi vicini ai giovani anche se con scarso appeal e confusione su chi siano veramente, la gaffe del quotidiano Repubblica – in cui scambiano la X Generation e i millennial con la Z Gen – è diventata virale proprio per questo.
La sfida più grande è quella di portarli dentro la cabina elettorale. I partiti politici lo sanno e potrebbero cosi tentare di compensare l’alto numero di astenuti anche se non è un’impresa semplice. Per vincere è forse meglio contare su quelli che a votare ci vanno da sempre, anche se questi giovani potrebbero rappresentare una interessante sorpresa.
I ragazzi e le ragazze di questa generazione non sono facili da attrarre, non bastano i social, i meme o i selfie per convincerli a scegliere una parte rispetto ad un’altra.
Ma chi sono, come pensano?
I datori di lavoro, i loro capi hanno scoperto presto che i fatti, gli orientamenti e i valori sociali e civili contano e non è facile trattenerli.
Sono diventati grandi in mezzo a due crisi economiche globali, una crisi climatica sempre più pesante e veloce, una pandemia, carenze di risorse energetiche e ambientali, una guerra europea a rischio deflagrazione totale. Proprio per questo hanno imparato presto che le parole contano poco. Per alcuni aspetti possono essere avvicinati ai Matures e Founders (over 75) anche loro cresciuti, con le dovute e profonde differenze, tra due guerre mondiali con concreti problemi di sopravvivenza e sotto l’effetto della grande recessione del 1929.
Non si fidano delle facili promesse e, se vogliono, hanno gli strumenti per esercitare un pensiero profondamente critico. Soprattutto controllano se si mantengono le promesse, quanto queste siano realistiche e allineate alle loro esigenze, necessità e desideri non solo per il presente ma per il futuro – non solo individuale ma anche sociale – che li aspetta.
Sono estremamente consapevoli che il loro futuro è nelle mani di chi ha poca voglia di immaginare le conseguenze di proclami di breve termine fatti solo per portare a casa un risultato immediato. Sono allenati a guardare avanti, alle conseguenze delle azioni, chi di loro ha continuato gli studi ha appreso il modello delle conseguenze di lungo termine e sa applicarlo alla vita reale.
Per chi di loro ha continuato gli studi, i temi di finanza e politica non sono lontani come invece lo sono stati per le generazioni precedenti alla loro stessa età. Purtroppo, è anche alto il numero dei NEET in Italia, e non è detto che andranno a votare. Tuttavia, questi giovani sanno farsi parte attiva e concreta sulla scena sociale.
Sono nati gruppi di ‘controllo’ delle promesse politiche come Factanza, #20e30, Fff (Fridays for future) e molti altri che presentano argomenti, orientamenti e opinioni decisamente ‘sul pezzo’.
Le ricerche più recenti a livello internazionale sull’orientamento politico dei giovani di questa generazione cominciano a rilevare un approccio cauto, conservatore e pragmatico. Vedremo come andrà qui da noi.
L’Italia ha un tasso di astensionismo molto alto che, molto probabilmente, non verrà smentito da questo gruppo. Ne riparleremo dopo le elezioni.
I. Pierantoni
*Fonte Istat: i.stat/popolazione http://dati.istat.it – dati al 01-01-2022, scaricati 13 agosto 2022, elaborati da Generation Mover
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