Il territorio russo si estende per 11 fusi orari, dal confine con l’Ucraina a ovest fino al Mar del Giappone a est. Conta 40 etnie riconosciute, a loro volta contenenti numerosi gruppi etnici minori tutti nativi della Siberia.
La prospettiva demografico-generazionale è uno strumento solido e allo stesso tempo flessibile per leggere i nostri tempi perchè si basa su dati certi del presente e del passato, per questo consente di individuare scenari sul futuro. Il conflitto in corso sulle terre d’ Europa va letto anche in quest’ottica, quella in cui assistiamo anche ad una guerra demografica, generazionale che avrà forti impatti sul presente-futuro della Russia e dell’Europa.
Nonostante la vastità territoriale la Russia è un paese demograficamente vecchio e poco rilevante numericamente tra le grandi potenze: nel 2021 conta circa 146 milioni di abitanti (con la Crimea), con un’aspettativa di vita media di circa 66 anni per gli uomini e 76 per le donne, la più bassa in Europa, e con un basso indice di fertilità e di vecchiaia.
Gli slavi occupano principalmente la parte della Russia verso l’Europa e la regione della Siberia centrale (molti slavi furono deportati in queste zone durante l’Impero prima e le purghe staliniane poi). Spostandosi a est di Mosca si incontrano gruppi di origine tatara e turca, come i Tuvani e Sacha, quelli di origine mongola, come i Buriati, e infine i popoli paleosiberiani di Kamchatka e Čukotka. Regioni caratterizzate da un clima ostile, una vita difficile e da una situazione socio-economica decisamente sottosviluppata, ma con un’età media molto giovane (29-34 anni).
All’inizio della guerra la maggior parte dei soldati di leva proveniva proprio dalle regioni più povere del sud come la Buriazia, Tuva ecc. . Nascono qui movimenti locali contro la guerra, aventi come cassa di risonanza l’associazione ‘Asians of Russia’.
Nonostante la rabbia sociale già esistente e il senso di rivalsa potessero fungere da motivazione a combattere i nativi siberiani si sono rivelati i dissidenti più attivi. Il rifiuto della guerra ha allontanato ancora di più da Mosca queste regioni che già si sentivano nazioni a parte, i “russi non russi”.
Nei mesi successivi anche molti russi di etnia slava, residenti in Siberia centrale e nella Russia europea, sono stati assegnati all’Ucraina. Si tratta principalmente di giovani che stavano già svolgendo la leva obbligatoria.
L’età media dei caduti russi in Ucraina è 29 anni, e le prime due regioni di provenienza il Daghestan e la Buriazia.*
Gli ufficiali e gli altri ranghi maggiori sono composti per metà da soldati dai 25 ai 30 anni, e metà 30-35 (si tratta o di persone che vengono dall’accademia militare o laureati, unico modo per accedere velocemente ai ranghi più alti dell’esercito).**
Mobilitazione parziale? Di chi?
La mobilitazione è stata annunciata come “parziale” dai canali ufficiali, prevedeva la chiamata alle armi per gli uomini di età 18-35 anni già addestrati e con esperienza militare o competenze speciali. Non è mai stato chiarito altro. Tuttavia, dalla sera stessa dell’annuncio è diventato evidente che non si tratta di una mobilitazione parziale: in Buriazia e Jakutia (la regione dei Sacha), per esempio, uomini fino a 50 anni compiuti hanno ricevuto la convocazione, con o senza voenny bilet (il documento che attesta il prestato servizio di leva).
Inoltre, dalle informazioni che circolano in maniera informale sta emergendo come la maggior parte delle convocazioni sia arrivata agli uomini di queste regioni, come era già successo a febbraio.
Per questo motivo l’ associazione Asians of Russia ora accusa il governo di genocidio.
Il fattore razziale
La scelta di mobilitare per prime queste popolazioni potrebbe anche essere una mossa strategica dettata dal fatto che i giovani della Russia europea, la parte più sviluppata, sono più facilmente universitari, ingegneri e/o futura classe dirigente, sono pochi e giovani, certamente più utili in vita per il futuro del paese, questo potrebbe essere un punto cardine del tema demografico e generazionale. Tuttavia la storia recente e il trattamento disumano riservato agli ucraini ( i famosi “corridoi umanitari” da Mariupol hanno di fatto deportato i rifugiati in Siberia) possono far pensare che esista effettivamente un fattore razziale nelle decisioni del Cremlino.
In ogni caso, questa mobilitazione ha alimentato il dissenso in tutta la Russia, sono iniziate proteste violente sia a Mosca e San Pietroburgo che nelle città siberiane come Novosibirsk, Tomsk, Krasnojarsk. Ad oggi, 25 settembre, si contano decine di uffici di reclutamento dati alle fiamme dai cittadini.
Il futuro della Russia in fuga
In due giorni dalla chiamata armi più di 70.000 persone hanno varcato i confini europei della Russia, a piedi, in macchina o in aereo i più fortunati. Alcune nazioni confinanti cominciano a chiudere le frontiere, a parte la Germania che ha dichiarato di dare assistenza ai rifugiati russi.
I social network si sono riempiti di post con informazioni su dove scappare, quali documenti servono e per andare dove, su cosa fare se chiamati, o cosa fare se si viene arrestati durante una manifestazione, eccetera. Questo sulle pagine sia di associazioni come Asians of Russia, sia di testate indipendenti come Holod media, Meduza pro, Novaya Gazeta (la rivista diretta dal Nobel per la pace Dmitry Muratov).
Dalla Siberia gli uomini di 18-35 anni, ma anche alcuni più anziani, stanno scappando principalmente in Mongolia e Kazakistan. Molti sono partiti in macchina con le famiglie.
Gli aeroporti di Mosca invece si sono riempiti soprattutto di giovani soli, stando alle testimonianze fotografiche reperibili sui social e su Telegram (questi sono al momento i canali più diretti e affidabili, dato che i media tradizionali sono ormai totalmente sotto il controllo della censura governativa).
Sono iniziati i controlli alle frontiere da parte della polizia russa per impedire agli uomini in età militare di lasciare il paese.
Altri paesi dove i russi possono recarsi al momento senza bisogno di visti o passaporto (si stima che solo il 30% dei cittadini russi sia in possesso del zagranpàsport, il documento valido per l’espatrio) sono l’Armenia (che però è in questo momento di nuovo sotto attacco dell’Azerbaigian) la Georgia, il Kyrgyzistan, Tagikistan, la Bielorussia (alleata però di Putin). Inoltre, chi ha terminato la leva militare da meno di 6 mesi non può lasciare il paese.
Federica Rossi, ip
Laureata in letteratura russa, ha studiato presso l’Università Statale di Novosibirsk, insegnante e traduttrice
–A parte la mappa, le altre immagini sono screenshot dai social russi
*https://istories.media/reportages/2022/05/16/voina-v-tsifrakh/ **https://ens.mil.ru/science/sociological_center/army_in_numbers/more.htm?id=10370936@cmsArticle
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One Comment on “Geo-demografia della guerra e dell’esercito di Putin”
La guerra attuale è alimentato da coloro che non la vivono sulla la loro pelle o con la morte dei loro popoli. Perciò non parlano di dialogo, di pace…. E continuano a morire per dei concetti astratti è variabile cioè AD DEMOS……..,CRATOS