- Non saranno i bonus a salvare l’Italia dal declino demografico, non hanno funzionato e non funzionano in nessun paese del mondo. Le persone cambiano.
- Non saranno i numerosi anziani Baby Boomer, e oltre, la causa presente e futura della crisi economica italiana. I ‘vecchi’ sono quelli che oggi hanno i soldi, ma hanno anche resilienza e nuovi progetti e desideri da realizzare, tuttavia da soli non riusciranno.
- Non saranno i giovani cervelli in fuga a incidere sul declino del paese e del sistema.
Insomma, da soli non si va da nessuna parte, in caso ancora qualcuno lo pensasse. Se poi a questo aggiungiamo una combinazione di fattori a cominciare da quelli legati a età e fasi di vita potremmo cominciare a vedere le cose diversamente e, chissà, anche a muoverci diversamente.
C’è una responsabilità, della quale, a volte, qualcuno si dimentica, e non intendo solo politici ma anche singoli cittadini, è la responsabilità di chi resta e non riesce più a sognare un paese migliore, passando il tempo a cercare colpevoli, pensando che spetti a qualcun altro rendere l’Italia un posto in cui voler costruire il futuro. Per questo motivo:
un patto generazionale a più livelli è la risorsa indispensabile, non più procrastinabile, per dare un futuro a chi ancora sceglie di restare in Italia, o magari pensa di tornare.
Uno degli ultimi articoli e lavori del Prof. A. Rosina, demografo alla Cattolica di Milano, (se non lo conoscete vi consiglio di seguirlo – in basso il link all’articolo), parla specificamente della necessità di questo patto delineando una prima serie di complessità derivanti dalla transizione demografica che l’Italia si trova a fronteggiare adesso, ma che peseranno ancora di più in un futuro non lontano, e che rischia di compromettere non solo la sostenibilità del nostro sistema, ma anche il benessere e lo sviluppo di tutte le fasce d’età. Per questo motivo è strategico ed essenziale
mettere all’ordine del giorno un’azione coraggiosa: definire un nuovo patto generazionale, costruito insieme ai giovani, dando loro più attenzione e ascolto proprio perché sono una risorsa scarsa.
Il Prof. A. Rosina indica 5 punti – ce ne sono molti altri – da cui partire, ai quali aggiungo qualche stimolo e proposta in più per allargare la prospettiva anche per chi di demografia e generazioni non mastica concretamente:
1 – Transizione demografica: risorse condivise tra giovani e anziani
Non basta evitare che le risorse per giovani e anziani entrino in competizione: occorre promuovere politiche intergenerazionali che creino sinergie per evitare di avere una visione politica di corto raggio e utile a sostenere unicamente la spesa per pensioni e assistenza. Per esempio, attraverso incentivi abitativi, è possibile sviluppare sui territori co-housing tra studenti e anziani, porterebbero benefici al sistema sanitario, ai giovani e agli anziani, ce ne sono già in Italia in alcune regioni e funzionano con soddisfazione dei partecipanti, ne abbiamo già parlato qui.
Inoltre, occorre integrare nei processi decisionali una prospettiva di lungo periodo (futures literacy) che consenta a cittadini e politici di immaginare il futuro intrecciando visioni ed effetti nel tempo locali e nazionali, coinvolgendo in modo attivo i giovani come attori centrali nella co-costruzione delle soluzioni.
2 – Mercato del lavoro: tra occupati anziani e giovani introvabili o poco qualificati
Un mercato del lavoro sano non è fatto di sola occupazione anziana ([1]) come quello italiano attuale, è cruciale migliorare la qualità del lavoro, e anche adattare i sistemi di formazione a carriere non lineari. Ad esempio, il gap tra domanda e offerta può essere gestito integrando meglio, lato giovani, l’orientamento professionale e il coinvolgimento delle aziende già nei percorsi scolastici e universitari, e lato senior, con processi formativi per lavoratori e disoccupati di ogni età.
Strumenti di partecipazione collettiva, come sta accadendo in Francia con una forte ristrutturazione degli uffici per il lavoro, potrebbero aiutare a identificare e risolvere le criticità del mercato del lavoro in modo condiviso.
3 – L’equazione futuro del paese // Debito pubblico : istruzione = competenze : innovazione
L’Italia è il Paese europeo con il debito pubblico più alto e con minore spesa per l’istruzione. Questo dato drammatico impone di adottare strategie innovative per legare gli investimenti pubblici a indicatori di impatto generazionale. Per crescere come paese non basta l’aumento dell’occupazione, per di più anziana; invece, servono capacità di innovazione, esperienza e nuove competenze che da sempre si legano a stretta collaborazione tra giovani e senior.
Inoltre, bisogna lavorare per immaginare strategie fiscali più innovative richiedendo il coinvolgimento diretto dei giovani, sui quali peseranno, per creare soluzioni condivise e sostenibili.
4 – Ricerca, formazione e merito = più giovani, più crescita
I paesi più competitivi investono in istruzione e formazione, ricerca e sviluppo. Esattamente i settori che attraggono i giovani in ogni paese del mondo, incentivare e sostenere la collaborazione tra pubblico e privato può dare nuovo ossigeno alle risorse scarse in tempi di debito alto.
5 – Il peso dei giovani nelle scelte politiche collettive
Uno dei rischi del declino demografico è lo sbilanciamento dell’elettorato a sfavore delle nuove generazioni. Del resto meno giovani, meno voti, meno interesse a intercettare un bacino elettorale poco influente a livello quantitativo.
Per riequilibrare questo rapporto è essenziale sperimentare strumenti innovativi come le consultazioni partecipative nelle quali tutta la popolazione può e deve essere coinvolta. In particolare, includere i giovani nei processi decisionali, riconoscendo il loro contributo come essenziale per il benessere collettivo, è un’occasione di attrazione e sviluppo per trattenerli e anche utilizzarne la capacità, sviluppare crescita. Anche qui, la capacità di immaginare il futuro (futures literacy) come conseguenza delle scelte che si fanno o non si fanno nel presente, può essere una leva decisiva per promuovere una visione e una strategia intergenerazionale sostenibile e condivisa.
6 – Una politica di informazione demografica e generazionale chiara per i cittadini e le cittadine di ogni età
Aggiungo un ultimo punto richiamando il principio di responsabilità individuale che riguarda tutti i membri di uno stato a prescindere dall’età: è necessario, a livello di competenza diffusa, promuovere una politica di informazione chiara e capillare, che renda ogni cittadino-a (giovane o anziano-a) consapevole della portata del problema demografico.
Solo comprendendo la complessità di questa sfida sarà possibile generare un’alleanza tra istituzioni, cittadini e giovani per invertire la rotta di declino che sembra ormai inarrestabile, ma non lo è.
Un patto generazionale non è solo una questione di equità ma anche, e soprattutto, una speranza di futuro da costruire insieme alle generazioni più giovani, perché loro saranno gli abitanti del prossimo futuro.
Grazie al Prof. Rosina per continuare a stimolare un dibattito così cruciale: Articolo Prof. A. Rosina
I. Pierantoni, gennaio 2025
[1] Gli ultimi dati ISTAT del 7 gennaio 2025 sono implacabili: tra gli occupati sono aumentati solo gli over 55, la disoccupazione è aumentata al 20% nella fascia 18-35 anni, e gli inattivi salgono vertiginosamente.
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