Poco tempo fa, il sito della BBC ha pubblicato questo articolo, scritto da una Millennial un po’ arrabbiata contro gli stereotipi e le generalizzazioni che caratterizzano i discorsi sulla sua generazione, e un pò non le si può dar torto viste le banalità e gli stereotipi sempre più diffusi che animano le discussioni on e off line sul tema delle generazioni. Quello che colpisce è che l’autrice, Amanda Ruggeri, arriva ad affermare che
“i Millennials sono la generazione che è divertente odiare”
In effetti è vero che questo gruppo demografico sia sempre più sulla bocca di tutti – in Italia quando si parla di generazioni sembra la sola generazione esistente in termini di attenzione e commenti da parte di chiunque e non sono molti quelli che sanno che i millennials italiani nelle coorti più giovani sono pochi – ma che ciò accada in termini di ostilità è affermazione che lascia quantomeno perplessi. A parte questo dettaglio, il succo del discorso dell’autrice è il seguente: ciò che viene indicato come caratteristico dei Millennials in verità è applicabile agli anni giovanili di ogni generazione.
Ora, è ovvio che quando parliamo di giovani c’è anche un aspetto caratteriale e motivante che li differenzia da chi è più grande: quando sei giovane inizi a identificare e definire la tua identità, hai energie e prospettive, hai voglia di combattere per un ideale, di impegnarti per raggiungere i tuoi obiettivi ambiziosi… Ed è certamente vero che ci sono caratteristiche comuni a tutti i giovani in ogni epoca.
Ciò però non deve far dimenticare il fatto che gli anni dell’adolescenza e della prima giovinezza sono particolarmente importanti nella formazione della personalità a livello tanto individuale quanto collettivo, e il contesto storico e sociale in cui vengono vissuti non può essere ridotto a un dettaglio ininfluente.
Crescere nel 1930, nel 1980 o nel 2000 o 2010 non è la stessa cosa: non hai a disposizione gli stessi strumenti, e il panorama e le prospettive sono completamente differenti. Poter soddisfare o no i bisogni primari per la sopravvivenza, avere la possibilità di accedere a un certo grado di istruzione oppure no, disporre di un computer – magari connesso a Internet – o no: queste e molte altre sono cose che fanno la differenza.
C’è un passaggio fisso e fondamentale in tutte le presentazioni e aule di Generation Mover: quello in cui richiamiamo l’attenzione sui concetti e i pericoli di stereotipo, generalizzazione, rigidità delle schematizzazioni. Questo vale in un senso, ma pure nell’altro: se è vero che tutti i giovani in ogni tempo hanno tratti comuni, è anche vero che ogni epoca ha la sua storia specifica e irripetibile.
Mattia Rossi, Isabella Pierantoni