Si chiamano ancora “videogiochi”, e per molti continuano a essere nulla più che un passatempo.
Ma per la generazione nata direttamente dentro l’era digitale possono anche loro diventare una professione remunerata. Anche se stai ancora andando a scuola.
Riccardo Romiti frequenta il 3° anno dell’istituto informatico, ma negli ultimi mesi ha scalato i vertici mondiali delle competizioni di Star Craft II, un videogioco della categoria RTS (Real Time Strategy), ed è stato ingaggiato da un team professionistico italiano. Lo scorso 4 luglio a Seul. Compensi: dai 600 ai 1.500 euro al mese, più i premi che eventualmente vince nelle gare. Articolo qui.
Forse ai più questo fenomeno è ancora poco o per nulla visibile, ma il fatto è che i “videogiochi” hanno ormai dato vita stabilmente a un universo ben strutturato che sta a metà tra lo sport e il business vero. Tanto che nel 2017 si è cominciato a parlare di un inserimento di questi che hanno preso il nome di “e-sports” tra le competizioni olimpiche.
Dopo i giochi del 2020 il Comitato Olimpico Internazionale deciderà se alle Olimpiadi 2024 si potrà concorrere alle medaglie anche per via elettronica.
In ogni caso, è ora di prendere nota che un altro pezzo di futuro digitale ha smesso di essere tale: è già presente, e c’è chi ne fa una professione.
Mattia Rossi
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