Piano A: il lavoro e la vita che vorremmo

Il 58% delle persone lascerebbe un lavoro sicuro per seguire le proprie aspirazioni”: questo il messaggio  di una campagna stampa di un gruppo assicurativo.

Un dato curioso ma chi sarebbe così incosciente da fare una cosa del genere?

Impensabile per  noi Boomer, cresciuti con l’idea del posto fisso e il senso del dovere.  Altro che “lo stile di vita che vorrei”. Pensabile, forse,  per altre generazioni calate in un mondo del lavoro che impone nuove regole del gioco senza sosta. A rischio burnout!

Ma sentite le storie di Alessandro e Filippo.

Millennial (39 anni), Alessandro a maggio lascerà la sua bella posizione da dirigente per dedicarsi al suo sogno: diventare un “mercante di vini di pregio”, come ama definirsi. Prevede anche di concedersi luoghi e periodi di lavoro fuori dal caos cittadino. Per vivere meglio!

Filippo è un visual merchandiser, X Generation, 53 anni e oltre 30 di lavoro alle spalle. Vuole lasciare il suo impiego per dedicarsi alla sua grande passione: la cucina. “Quando è ai fornelli si trasforma, è felice”, racconta divertita la moglie. Ha già pianificato il licenziamento e l’iscrizione  ad una scuola professionale per diventare Chef. Per poi aprire un ristorante, magari in un altro paese, dove vivono le figlie!


‘E’ il loro piano B, possono permetterselo’, mi sono detta a caldo. Hanno intelligentemente giocato d’anticipo, sono nel pieno delle loro carriere e opportunità professionali (il  Millennial è in vantaggio ) ma questo mondo del lavoro può voltare loro le spalle da un momento all’altro;  drena energie utili a progettare modelli alternativi di work-life balance.


Mi sbagliavo. La scelta di Alessandro e Filippo è un vero e proprio piano A! Con motivazioni  diverse, forse, ma un unico obiettivo: trovare il giusto equilibrio tra lavoro, passione, motivazione, qualità della vita. La sostenibilità economica? Si punta tutto su se stessi!

Alessandro, ha immaginato la sua vita futura, scegliendola oggi.  Ha trasformato una passione in mestiere, lasciandosi alle spalle un lavoro che gli stava stretto. Con coraggio, correndo dei rischi. Trovando nella moglie un’alleata ma sfidando l’incredulità di molti e della famiglia, commercianti orgogliosi di un figlio ingegnere e dirigente.

Filippo cerca la motivazione. E’ un lavoratore stanco delle dinamiche aziendali che non tengono in dovuto conto le sue competenze e la  sua esperienza.  E’ demotivato. Così tanto da trovare la forza di rimettersi in gioco profondamente. E lo fa focalizzandosi su ciò che lo rende felice.

Alessandro e Filippo ci spingono al risveglio. Nelle nostre case: perché la qualità della vita è un progetto e il tempo un alleato,  se ben utilizzato. Nelle aziende: perché insoddisfazione e mancanza di motivazione dei lavoratori hanno un costo. Sono a rischio talenti,  competenze, produttività, risultati!

Alessandro e Filippo ci regalano la loro ricetta: una buona analisi dei dati, la giusta quantità di visione, un pizzico di coraggio, tecnologia di giornata, tanta connessione, una spolverata di autostima, commensali con le stesse passioni:  il piatto è servito! Il vino pure.

Cosa ne pensate? Sacrifichereste un posto fisso per inseguire le vostre aspirazioni?  Sareste disposti a correre dei rischi?

LL


SAVE THE DATE: 14 Maggio 2019 SOLO UN FUTURO NON BASTA

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4 Comments on “Piano A: il lavoro e la vita che vorremmo”

  1. Marco Bertagni

    Sarei (e sono stato) disposto a lasciare un posto fisso e a smettere di rincorrerlo, per dedicarmi alle mie passioni. Qualsiasi passione può diventare un lavoro e in quel caso si smette di pensare alla vita come divisa in momenti privati, momenti lavorativi…ma si vive e basta, con grande intensità e gioia perché si dispone nel migliore dei modi del proprio tempo, la più grande ricchezza a cui si possa aspirare!

  2. Cristina

    Ho la fortuna di fare quello che amo, questo non vuole dire che ogni giorno sia perfetto e che non debba risolvere ostacoli ma l’energia la trovo facilmente, penso quindi che per vivere meglio sia utile riflettere su cosa si vuole realmente utilizzando però il pensiero sequenziale per evitare autogoal!!!!

  3. Andrea

    Certo che strana la vita.. Millennial 39 anni già dirigente mentre Generation 53 anni.. molla tutto ..forse non ha più stimoli..?? Il mondo del lavoro cambia velocemente ed alcune volte le persone fanno fatica …capisco entrambi e buona fortuna..saluti da una persona ancora 100% nel lavoro nel commerciale..nel tour delle email di outlook..del cellulare eccc
    Andrea Noera

  4. Francesca

    Bellissime storie. Io però non avrei il coraggio di lasciare tutto e lanciarmi in una nuova avventura lavorativa e professionale, ricominciando da zero.

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