Fino a febbraio 2020 sulle bacheche social e sulle chat di classe o tra mamme ci si interrogava sull’importanza o meno di far fare attività extra scolastiche ai propri bambini, con che frequenza, su come migliorare le loro lacune scolastiche attraverso attività ludico / educative nel fine settimana, sul sovraccarico che questo (talvolta) generava sulla famiglia.
Poi, in un istante – che resterà impresso nella testa di noi genitori con la stessa lucidità con cui ricordiamo dove eravamo e cosa stavamo facendo l’11 settembre 2001 – ci si è ritrovati nel triplice ruolo di genitori, insegnanti e lavoratori.
E se, lungamente, si è dibattuto su come le donne siano rimaste “vittime” collaterali e involontarie di questa pandemia, anche i più piccoli, la generazione Alpha che stavamo imparando a conoscere e che finalmente stava mostrando la sua personalità, si è trovata in mezzo ad un evento di cui, forse, solo tra qualche anno ne vedremo l’impatto reale.
Nella prima settimana di sospensione scolastica agli Alpha Gen (fino a 9 anni di età) non è stato chiesto nulla. Nella seconda settimana hanno ricevuto qualche timida scheda da compilare o lavoretto da fare, volontario o non obbligatorio e, dalla terza settimana in poi, iniziando dai più grandi e raggiungendo poi, in modo caotico e casuale, più o meno tutti (giuro, ho raccolto testimonianze anche sulla scuola materna con obbligo di far fare i lavoretti e di mandarne poi il risultato in formato digitale alla maestra) è arrivata lei: la DAD o Didattica a Distanza.
Come l’hanno presa i più piccoli?
Se parliamo della fascia 0/5 anni, immaginare una Didattica a Distanza con loro, dove l’apprendimento passa al 99% attraverso la fase esperienziale, è molto difficile.
Sono forse i bambini che meglio si sono adattati allo stare a casa, il contesto maggiormente favorevole per loro – ovviamente parliamo di contesti ottimali – dove è rimasto intatto il confronto tra pari (i fratelli) e dove la figura accudente (genitore) è in grado di rispondere e anticipare i suoi bisogni oltre a stimolarne in modo costruttivo la crescita. In questo contesto, la componente scolastica deve continuare a mantenersi un “filo relazionale” con i bambini e le bambine, in accordo con le famiglie.
Attraverso la Didattica a Distanza, i piccoli possono vedere le loro insegnanti, possono sentire di essere presenti nello sguardo della maestra e dell’educatrice, di essere pensati.
I bambini possono ascoltare i messaggi delle maestre, sentire i toni empatici della loro voce, riconoscerla, ricordarla, insieme a quella dei loro compagni. Per loro è importante comprendere che la relazione c’è, non si è rotta, non si è spezzata, e presto riprenderà, anche con contatti diretti.
Per questi bambini, la difficoltà maggiore resta la mancanza di confronto, per un tempo estremamente prolungato, con i coetanei.
E per i più grandicelli, quelli che vanno alla scuola primaria?
Sicuramente una buona parte di loro si è rimboccato le maniche e si è messo a studiare con lo stesso entusiasmo che aveva tra i banchi di scuola, soprattutto gli Alpha Gen più grandi (6-9 anni), per i quali mantenere un fil-rouge con le maestre e la scuola è stato più semplice.
Semplice ovviamente dal lato pratico di entrare nella piattaforma e accedere alla schermata video da condividere con le maestre e i compagni, un po’ meno facile è stato, in questo periodo, recuperare tutti gli alunni e garantire loro la possibilità di accedere alle piattaforme preposte: per l’Istat, la percentuale di famiglie senza computer supera il 41% nel Mezzogiorno, con Calabria e Sicilia in testa, ed è circa il 30% nelle altre aree del Paese.
E se, forse, i bambini che hanno circa 9 anni sono autonomi nell’accedere alle piattaforme, altrettanto non possiamo dirlo per quelli che hanno tra i 6 e gli 8 anni che, oltre alla difficoltà di comprendere che la scuola si è trasferita in uno spazio compreso tra la cameretta e la cucina, hanno anche lo scoglio della comprensione dei meccanismi digitali di questa forma di DaD.
Aspetto non meno importante è quello per il quale, nella stragrande maggioranza dei casi, la strumentazione utilizzata dai bambini appartiene ai genitori.
Questo sta innescando un surreale ribaltamento delle richieste abitualmente portate avanti dalla scuola: se è vero che solitamente gli insegnanti della primaria sconsigliano ai genitori di acquistare uno smartphone ai figli prima delle medie, ci troviamo in questo momento di fronte ad una richiesta implicita, che di fatto premia quei genitori che invece avevano dotato i figli, anche piccoli, di autonomia nell’accesso al digitale.
In questo marasma, solo una cosa è certa ovvero l’assenza, la mancanza di quello che era dato per scontato:
- il tempo della scuola, prima tollerato o sopportato,
- gli ambienti fisici conosciuti e la loro disposizione,
- l’organizzazione del tempo, la scansione della giornata nei suoi ritmi,
- l’incontro con gli altri, la rassicurazione emotiva
e la certezza che, nella giornata, ognuno aveva svolto al meglio il suo compito: i bambini erano stati bambini, le maestre maestre e i genitori genitori.
Francesca Praga
One Comment on “Gli effetti della DaD sui giovani Alpha Gen e le famiglie”
Ottimo pezzo, ricco di osservazioni e spunti di riflessione nei quali trovare conferme e challenge. Quando ho iniziato a fare smart working , almeno dieci anni, fa si parlava di tempo liquido. dove i momenti della giornata( privati, lavorativi e fisiologici) si mescolavano senza ritmi precisi se non quelli dettati dalle scadenze. Adesso anche gli spazi ed i ruoli sono diventati liquidi e come dici egregiamente tu siamo tutti bambini di terza elementare, manager, maestre di geografia, genitori e chef in un tempo continuo.