Se dovessi immaginare un aggettivo per definire il rapporto tra il mondo del lavoro, oggi, e noi della generazione Baby Boomer farei fatica a trovare il più adatto: complicato, evolutivo, stimolante, frustrante, deprimente, divertente, mutante, carente.
Inutile raccontare chi fossi solo tre anni fa, che ruolo ricoprissi da manager di un gruppo internazionale, di quali progetti fossi responsabile (magari ve lo racconterò nel prossimo episodio).
Oggi questo non ha più importanza. Io non sono più quella persona, non ho più un lavoro da dipendente e mi muovo in un mercato professionale in costante mutamento ed evoluzione. Che mi ha portato a lavorare su progetti ambiziosi quali la visita di Obama a Milano e ad incontrare Papa Francesco. Wow wow e ancora wow, chi l’avrebbe mai detto!
Certo, il passaggio comporta prima di tutto un nuovo processo mentale che necessita di un lavoro continuo su se stessi, accettare sfide, sperimentare e sperimentare, confrontarsi con nuovi modelli generazionali e organizzativi, portare a casa successi e insuccessi, imparare nuovi linguaggi, diventare social (faticoso ma necessario e se ci prendi la mano… aiutoooo). Crearsi una nuova identità o meglio una brand identity (come tanto ci piace dire oggi).
Il tema è intimo, profondo, a volte doloroso. Noi Boomer siamo cresciuti con l’idea di un lavoro per il quale credevamo di essere destinati. Perché per la nostra generazione noi siamo “il nostro Lavoro”, che ci piaccia o no, giusto o sbagliato che sia. E quando il mondo del lavoro ci cambia le carte in tavola diventiamo orfani di un’identità da ritrovare. Nella società, in famiglia, tra gli amici.
Ma se stiamo fermi rischiamo di diventare una generazione di disorientati Una generazione di sospesi. Perché siamo cresciuti con l’idea di un ciclo da chiudere: studi, lavoro/carriera, famiglia, casa/mutuo, pensione. Sulla linea del tempo non siamo più in grado di collocarci e di individuare le relazioni cronologiche tra gli eventi e noi.
Abbiamo bisogno di nuovi strumenti culturali, di un nuovo contesto sociale preparato al cambiamento. Ci piaccia o no, dobbiamo sviluppare la plasticità per confrontarci con modelli di lavoro flessibili come ad esempio quello americano. Certo non abbiamo quell’età che ci fa fare scelte in leggerezza. Vince ancora la paura del Fallimento che in altri paesi è invece considerato un passaggio obbligato per il successo. Non ci sentiamo nemmeno autorizzati a pensarci in modo diverso perché pensiamo di non avere più tempo per inventare ed inventarci. Ma dobbiamo capire come ritrovarci su quella linea del tempo, come chiudere il ciclo.
Vero, la tecnologia ha cambiato profondamente il modo di lavorare. Il capitale umano non è sempre considerato strategico o richiesto. Per non parlare della sostenibilità economica e dei lacci e lacciuoli per decidere quale forma giuridica adottare per operare nel mercato da libero professionista. Cose che già si sanno.
Le diverse generazioni hanno già fatto le loro scelte: Millennials si sono buttati sulle start-up (ne sfornano una dopo l’altra… ma come fanno, perché non viene anche a me l’idea del secolo penso spesso); la Generazione X si tiene giustamente stretta il lavoro; i Baby-Boomers si dividono tra chi è esodato, e si sente messo da parte, e chi invece si tiene ben saldo sulla poltrona (lo farei anche io vista la situazione) ma spesso con stanchezza e senza più entusiasmo.
Bisognerebbe creare un termine in italiano tipo whistleblowing (la legge 30 novembre 2017, n. 179 che tutela i lavoratori dipendenti che segnalano reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza per ragioni di lavoro) a tutela della generazione di sospesi.
Ma mai come in momenti di profondi cambiamenti come quello attuale è necessario cambiare prospettiva, cavalcare il cambiamento, confrontarsi .
Perché non iniziamo a farlo sul blog di Generation Mover? Raccontiamoci storie, esperienze, soluzioni trovate o non trovate, bisogni.
Personalmente ho scelto la via della destrutturazione (non il solito lavoro) con il seguente criterio: faccio cose che so fare (esperienza/competenza), sperimento cose nuove che mi piacerebbe fare (creatività/talento), mi faccio contaminare da argomenti stimolanti come quelli trattati da Generation Mover (innovazione/formazione).
Non ci crederete ma è molto divertente ed energizzante! Oggi questa è la mia soluzione. Raccontatemi le vostre storie!
PS: Naturalmente leggo anche con regolarità l’oroscopo che puntualmente mi promette successi mai visti prima, si tratta solo di attendere condizioni astrali favorevoli!
Sono dei Pesci!!!
Lucia Lamonarca
SAVE THE DATE: 14 Maggio 2019 SOLO UN FUTURO NON BASTA
*I Labs di GM over 50 :
- “Flowering your Life&Career”: fai fiorire la tua vita e il tuo lavoro.
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4 Comments on “Baby Boomer? Parliamone con Lucia”
Bellissimo articolo! Brava Lucia!
Grazie Marco per il tuo commento. Spero continuerai a seguirci in questa rubrica e, se vuoi, a darci spunti di riflessione sul tema.
Lucia
Generazione X…ottima iniziativa per la mia generazione il lavoro é complicato…
Negli ultimi decenni le modalità hanno subito delle trasformazioni..
Le email il cellulare i whatsapp tutto é monitorato minuto per minuto tutto é sempre alla portata di mano…
Abbiamo tempo di respirare.. di riflettere sulle operatività…???
Ottima riflessione che credo siano in molti a condividere. Il fattore tempo, inteso come spazio “creativo e progettuale”, è a mio giudizio fondamentale e necessario.
Grazie Andrea per il tuo intervento, troveremo il modo di parlarne.
Lucia