Gli Z Generation (oggi 10-25enni) non sono più dei bambini, ma non sono nemmeno degli adulti veri e propri: i più piccoli occupano la fascia pre-adolescenziale e adolescenziale i più grandi non sono ancora nella fascia adulta piena, quella dell’autonomia per intenderci, in cui si vive da soli, si è finanziariamente indipendenti, si assume il ruolo di cittadino attivo e votante, più o meno consapevole e magari si pensa anche di mettere su famiglia.
Solo pochi anni fa non esistevano nel radar degli uffici marketing come target di comunicazione diretto, oggi sono punto di riferimento strategico per definire i nuovi trend del mercato mondiale, questo spiega il faro puntato addosso a questi ragazzi dai mass media, dai politici, dal business.
Ma c’è un particolare rilevante: non è che siano poi tanti, in Italia poi sono davvero pochi, appena 8.7 milioni – il numero più basso in Europa – e di questi 2.8 milioni tra i 10 e i 14 anni, 2.9 millioni tra i 15 e i 19 anni, circa 3 milioni tra i 20 e i 24 anni (Fonte Eurostat 2019, elaborazioni Generation Mover™).
Per cercare di averne una fotografia partiamo dallo studio “Beyond Binary: new insights into the next generation” di IPSOS Mori che raccoglie una varietà di fonti, sondaggi e dati di origine diversa e ne fornisce un’immagine ricca e sfaccettata, interessante e utile per chi ne vuole sapere di più, il focus è sui giovani britannici ma si allarga ai coetanei a livello globale, in più ci aggiungiamo nostre osservazioni e ricerche.
Votare o non votare?
Alla comparsa dei Millennials (26-40 anni) sulla scena sociale, i predecessori della Z Gen, si era registrata una forte volontà di partecipazione politica e sociale attiva, culminata in USA con l’elezione di Obama nel 2008. Oggi, i risultati della ricerca, evidenziano un trend diverso e cresciuto negli ultimi anni, che accomuna i più giovani dei Millennials e la Z Gen, ovvero quello di non essere particolarmente propensi nell’andare a votare (a meno che non arrivino da famiglie che vanno abitualmente a votare) e, nonostante la maggior parte di loro non voti ancora, i giovanissimi si identificano per lo più come “di sinistra” più o meno in tutta Europa tranne che in Polonia: lì la Z gen si identifica maggiormente con gli ideali di destra. E’ anche vero che alcune analisi collegano questo orientamento politico crescente – focalizzato su sicurezza e difesa estrema di culture e tradizioni nazionali, concezioni di ruoli maschili e femminili di stampo antico – anche con l’alto numero di Neet (Not in Education, Employment and Training) – ragazzi che non studiano, non cercano lavoro, e spesso con disagi alle spalle – presenti in alto numero in alcuni paesi europei e in cui l’Italia ha il triste primato con il 22%.
Partecipare? Si, ma come?
La generazione Z mostra una propensione naturale, coltivata sin dalla nascita, a comunicare e condividere il proprio pensiero, grazie alle tecnologie virtuali, un’estensione concreta della capacità relazionale, nella ricerca si conferma una maggiore inclinazione ad utilizzare le piazze, sia quelle virtuali partecipando a discussioni sui social (il 30% è propenso a farlo) e firmando petizioni online (53%), ma anche partecipando di persona a proteste pacifiche: che sia dovuto alle questioni climatiche o meno, questo dato è in contrasto con i Millennials, per lo meno i più adulti tra loro, che in quanto a partecipazione sociale sembrano essere meno attivi, forse ormai un pò più delusi e cinici.
Un altro aspetto da aggiungere alla lettura di questi dati sono i principi di equità e merito che se per i Millennials fanno la differenza sul posto di lavoro, per questo gruppo più giovane è oggetto di riflessione e studio da sempre già sui banchi di scuola, e non è un caso che dove la scolarità è più alta anche i livelli di coinvolgimento nelle attività sociali di comunità territoriali è più alto, come si vede dopo.
E al prossimo, chi ci pensa?
Dalla ricerca emerge anche una generazione molto generosa e attenta al prossimo: il 46% dei ragazzi britannici – fra i 14 e i 16 anni – dichiara di aver dedicato del tempo gratuitamente per aiutare persone nella propria comunità, (30% i loro coetanei millennials nel 2005), e poco meno di un terzo (29%) è attivo in un’organizzazione, il triplo rispetto a 15 anni fa.
In Italia i numeri del volontariato sono alti, circa 7 milioni, e se in maggioranza appartengono alla fascia d’età 40-60 anni, vedi qui un dettaglio è vero che nelle regioni del centro-nord molti giovani sono impegnati sul territorio direttamente in attività di assistenza.
Acquisti e consumi?
Infine, oltre un quarto (26%) evita alcuni prodotti per motivi etici o ambientali, mostrando una maggiore propensione al consumo critico: fra i Millennials tale percentuale era il 19%. C’è da dire che ormai quasi tutte le generazioni sono sensibilizzate a fare acquisti più attenti e sostenibili, ovviamente a parità di possibilità di spesa. Così come i più giovani cercano esperienze e personalizzazioni, i brand fanno fatica a collocarsi ormai.
Insomma, si nota un generale cambiamento nei metodi di partecipazione alla vita pubblica, con un maggiore impegno nel volontariato e nel consumo consapevole.
Connessi, sempre e comunque
Questo è un dato noto:
- a livello mondiale, il 71% dei giovani tra i 15 e i 24 anni ha una presenza online, a differenza del resto della popolazione ferma al 48%. Nei giovani britannici la media di ore di presenza on line si attesta intorno alle 9, con una sovrapposizione di 4 ore di multitasking (ad esempio messaggiare o fare acquisti mentre si guarda un video on line).
La generazione Z spende buon parte del tempo in rete nella:
- comunicazione online (circa il 32%, social network inclusi).
- Fruizione di contenuti video (29%) e testuali (16%),
- ascoltare musica (15%),
- giocare (solo l’8% del tempo).
- Sempre secondo Ofcom, la televisione continua ad essere la prima fonte di consumo di contenuti video (36%), seguita da contenuti on-demand gratuiti e a pagamento (13% e 20% rispettivamente).
Baby Boomers vs. Z Gen
Se appare naturale per la Z gen leggere le notizie su internet (circa l’82%), il dato che colpisce è il netto aumento di Baby Boomers (62%) che utilizza questa fonte come primaria per aggiornarsi, anche se il fascino della stampa cartacea non abbandona i Boomers, di cui il 79% dichiara di comprarne almeno una copia al mese.
Se il 90% della Z gen è on line, diversa è la distribuzione sui social network rispetto alle generazioni precedenti: “solo” il 60% di chi ha 13/24 anni è presente su Facebook mentre cresce in modo costante l’adesione ad altri social come Instagram (48%) e Snapchat (50%).
Come vedono il futuro?
Secondo i dati Ipsos, la generazione Z è meno pessimista della precedente.
La crisi economica è lo spartiacque: tra i dati del 2003 e quelli del 2017 gli ottimisti sono il 22% e gli sfiduciati sono quasi raddoppiati (43% ottimisti, 21% pessimisti nel 2003).
Al contrario, nei Paesi emergenti l’ottimismo predomina: per questi ragazzi la scala sociale ha ancora dei gradini da salire, al contrario dei ragazzi occidentali.
In testa ci sono i cinesi, il 78% pensa che i giovani d’oggi avranno un futuro migliore dei propri genitori, del resto in oriente l’accesso alla rete e alle nuove tecnologie fornisce possibilità di comunicazione e informazione impensabili per le generazioni precedenti, contribuendo a fornire uno spirito critico che oggi sostiene le rivolte di Hong Kong, Pechino e di molte province della Cina, così come di altri paesi orientali. Di sicuro i ragazzi orientali della generazione Z sono e saranno la vera sfida al mantenimento dello status quo del secolo scorso.
Cambia il senso del successo e del possesso
In questo clima, circa i due terzi dei millennials e della generazione Z dichiarano di sentire molta pressione per avere successo e guadagnare denaro ma non per avere la possibilità di acquistare beni materiali, come invece è stato per la generazione dei Baby Boomer, per i quali avere accesso a beni materiali ha significato migliorare la propria qualità di vita: solo una piccola percentuale di Z Gen infatti pensa che possedere determinati oggetti sia un indicatore valido della condizione economica e del successo personale.
E in amore?
In amore, la generazione Z è la più libera: oltre l’82% di loro trova assolutamente accettabile una relazione di tipo omosessuale. Il cambiamento non riguarda solo loro, ma più un generale coinvolgimento culturale, infatti dagli anni ’90 ad oggi sono triplicate le persone che approvano una relazione fatta da due persone dello stesso sesso.
Questo dato però non si può estendere a livello globale: nelle popolazioni emergenti infatti il dato scende, assestandosi su un 69%.
Consumatori Gender fluid?
Una tendenza di cui i brand non possono certo non tenere conto riguarda l’interesse nell’acquistare prodotti che rispecchino l’identità di genere: la generazione Z, infatti, esprime molto meno interesse ad acquistare capi d’abbigliamento e cosmetici specifici per il proprio sesso. In effetti crescere in contesti in cui il genere non è più un elemento distintivo di lettura etica del mondo contribuisce a sviluppare una filosofia di vita più inclusiva, aperta e flessibile che incide su scelte d’acquisto più tecniche e pratiche prima che di genere.
E quindi, riassumendo?
La fotografia che emerge dei ragazzi della Z gen, partendo dalla ricerca ma anche allargando lo sguardo alla realtà europea e italiana, evidenzia una coorte di adolescenti e giovani adulti:
- che hanno imparato sui banchi di scuola a risolvere i problemi avendo accesso a risorse e soluzioni a portata di click, utilizzandole in modo pragmatico e concreto senza filtri parentali, o comunque ridotti al minimo, e pregiudizi di pensiero, cultura, genere ecc. …
- nati e cresciuti a cavallo della più grande crisi economica degli ultimi 70 anni, quella del 2008,
- addestrati all’utilizzo della velocità in ogni contesto: dall’apprendimento al gioco, dalla pratica alla professione,
- primi ragazzi – della specie umana vivente – a sperimentare una situazione pandemica globale,
- consapevoli di vivere un presente frutto di scelte ‘sbagliate’ – affermazione trasversale dei gruppi generazionali millennials e Z – delle generazioni precedenti.
A prima vista possono sembrare poco fiduciosi e ottimisti verso il futuro e, forse anche per questo, si identificano maggiormente con le ideologie politiche di sinistra, che sono da sempre più vicine a temi come equità, merito e giustizia sociale. Appaiono anche più altruisti e interessati al prossimo rispetto alle generazioni precedenti.
Per loro essere connessi è normale, non “sanno” letteralmente e fisicamente, nel senso di non conoscere a livello teorico e pratico, che è esistito un mondo senza la rete e che solo un paio di decenni fa la connessione si faceva di persona, magari in piazza o a cena con gli amici.
Due decenni che valgono secoli di relazioni umane, oggi questo nuovo gruppo generazionale aggiunge la capacità di ‘esperire‘ – fare esperienza, mettere in pratica nell’immediato e valutarne le conseguenze – alla parte sociale della vita umana cambiandone radicalmente modelli di pensiero e comportamenti, l’esperienza è variegata e il multitasking un comportamento normale, con buona pace di neuroscienziati e psicologi.
La vita On-line è solo un’estensione della vita off-line in generale, qui non si cercano solo notizie ma si passa buona parte del tempo comunicando con gli altri attraverso app di messaggistica one-to-one, selezionando da subito gli amici a seconda dell’attività e degli interessi, oppure attraverso i social.
L’esperienza assume connotazioni e pesi differenti in base alle situazioni e ai contesti, è tale esperienza che si condivide attraverso il racconto del proprio pensiero che, a prescindere dall’età, è importante e lo si esprime sia in modo virtuale sia scendendo in piazza in modo pacifico.
Politica, consumi, comportamenti sono già cambiati e come saranno lo sappiamo già. Ma se non ci piacciono possiamo cambiarle adesso.
Se lavori in un’azienda, un’organizzazione, un’istituzione attraverso un esercizio di futuro potresti costruire scenari e strategie per preparare più futuri possibili tra cui scegliere il migliore, contattaci.
Isabella Pierantoni e Francesca Praga
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2 Comments on “Identikit di una generazione: gli Z Gen”
Grazie, mi sono immersa in questa interessante lettura.
Sono Fabiana ho 47 anni , mamma di tre figli z gen, da qualche hanno ho fondato DigitalMente, una startup che attraverso la robotica educativa, il coding e modellazionee stampa 3d ,offre un approccio didattico attraverso il fare se vogliamo anche informale.
La mia idea di impresa è stata selezionata dalla regione lazio,precisamente da Lazio Innova e sono presente da più di un anno nell’incubatore di uno dei loro Spazi Attivi.
Vi seguo con vivo interesse.
Cordialmente saluto
p.s. il sito è in fase di restyling. fb è più aggiornato robotica educativa digitalmente!
Fabiana Favorini
Bellissima iniziativa Fabiana! Aggiornaci.