Di solito le circostanze eccezionali fanno emergere gli elementi cruciali di un contesto o di una situazione. Così è stato per il Covid: una pandemia che ha messo sotto pressione l’intero sistema costruito dall’umanità in un modo tale che si sono evidenziate da un lato le risorse normalmente poco visibili, dall’altro i punti di tensione soprattutto sociale.

Ne avevamo già parlato a proposito del “Boomer remover” plasmato da alcuni giovanissimi: complice l’esistenza (e l’abuso) di stereotipi e pregiudizi, possono essere molteplici i pretesti per alimentare uno scontro tra generazioni. L’epidemia è stata uno di questi pretesti. Ma al di là delle – ingiustificate, oltre che inopportune – tensioni, resta l’importanza di un tema ineludibile: quella del ruolo della generazione Baby Boomers nella società attuale.

Un ruolo che, lungi dall’essere quello di utilizzatori di panchine nei parchi pubblici o di osservatori seriali di cantieri, è tuttora vivace, anzi portante. Sono ancora e più che mai loro ad avere disponibilità economica nonché voglia di muoversi e di vivere, quindi di spendere e consumare.

Sono loro a costituire una rete sociale indispensabile per le famiglie dei figli e dei nipoti, a essere custodi e garanti della continuità di un patrimonio che è morale e culturale tanto quanto materiale.

Ma anche: capita che rappresentino la fascia fragile della popolazione, e che la tendenza all’allungamento della vita – e di una vita di qualità – si trovi ad inciampare nelle “fragilità di un mondo eccessivamente connesso”, per usare le parole di Nassim Taleb.

È una riflessione, e una consapevolezza, di cui non possiamo fare a meno, nella gestione di questo mondo e nella costruzione di quello nuovo. Il Covid ha creato le condizioni perché ce ne accorgessimo una volta per tutte, e Lella Costa le ha dato voce in questo intenso, toccante monologo. Guardatelo qui sotto. Sono pochi minuti, ma decisamente ben spesi.

Mattia Rossi

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