Nonostante le continue ricerche, sappiamo ancora poco degli impatti reali causati dalla diffusione pandemica del Covid19 sulle diverse popolazioni: per nazione, per ceto sociale, per genere.
Le indagini sono tuttora in corso e tra queste, una ricerca indipendente è quella promossa da @PWN Norway a cui hanno risposto donne di molti paesi Europei, tra cui l’Italia (il primo Paese per numero di rispondenti).
LIFE UNDER LOCKDOWN 2020: IMPACT OF COVID-19 ON PROFESSIONAL WOMEN’S UNPAID WORK – Authors Dr. Patricia Gestoso, Dr. Eva Turk
L’indagine, condotta nell’aprile 2020, indaga gli effetti del Covid19 sulle disparità già visibili tra uomini e donne che lavorano mostrando, dati alla mano, come la situazione, durante il lock down, abbia impattato ancora una volta in modo negativo sulle donne e sulle loro opportunità professionali: il raggiungimento degli SDGS “5 – gender equality” e “8 – promote economic growth and decent work for all” vedono un sensibile rallentamento.
L’indagine è stata condotta raccogliendo le risposte di 1.312 donne di diversi stati europei oltre gli US: si evidenzia come ben 1 su 5 rispondenti sia italiana a riprova di quanto il tema sia caldo nel nostro Paese.
L’indagine evidenzia, come le donne che già prima del Covid19, vivevano una situazione economica svantaggiosa, sono ancora più a rischio di povertà, di maggiore disoccupazione, di esclusione sociale e di perdere la propria abitazione con effetti che si vedranno ancor più nel lungo periodo (come già accaduto in situazioni analoghe del passato). Leggendo le risposte raccolte in modo aggregato e poi analizzate per nazione e per generazione gli spunti di riflessione sono molteplici e notevoli, offrono indicazioni su cosa organizzazioni pubbliche e private possono fare per sostenere un’equità di trattamento e di opportunità tra uomini e donne che lavorano.
I FATTI RILEVATI
Riportiamo alcuni elementi che sono saltati all’occhio di Generation Mover™ nella lettura che abbiamo fatto applicando la lente generazionale e nell’ottica di contribuire alla costruzione di un futuro migliore:
- le donne Millennials e X Generation che hanno risposto all’indagine hanno un’età compresa tra i 31 e i 55 anni e rappresentano le principali generazioni oggi impiegate nel mondo del lavoro;
- 3 donne su 4 vivono con un partner (76% delle rispondenti) mentre 3 su 5 hanno almeno un figlio (61% delle rispondenti);
- le lavoratrici che hanno subito il maggiore impatto da lock down sono quelle a cavallo delle generazioni X e Y (35-46 enni) che soffrono di un più elevato carico derivante dalla cura dei figli (scuole chiuse), e/o dei genitori anziani, o cura della casa;
- le donne che hanno subito minori impatti sulla vita professionale sono di nazionalità nord europea (i.e. Norvegia), la condivisione della cura di casa e famiglia è una pratica culturale più diffusa;
- le donne che hanno subito maggiori impatti rispetto al tempo dedicato a lavoro non retribuito (casa e famiglia) sono le lavoratrici part time, (pulizia, cura di figli e/o anziani);
- l’unica attività in cui sono stati maggiormente coinvolti gli uomini è stato lo shopping: a fronte di minori acquisti per lock down, nelle coppie questa attività è stata principalmente svolta dagli uomini (perché erano già fuori per lavoro? perché era un’attività che li teneva fuori casa?)
- le attività di home schooling hanno coinvolto di più le donne con figli di età inferiore agli 11 anni: al crescere dell’età dei figli il livello di impegno delle donne è andato diminuendo;
- nel care-giving le donne più coinvolte hanno un’età compresa tra i 36 e i 40 anni che – in alcuni casi – hanno visto più che raddoppiare il numero di ore; il più elevato incremento di tempo non retribuito per attività di care taking sono le professioniste autonome (self employed) che hanno subito la riduzione della propria attività professionale e l’aumento di questa attività (rinunciando in parte alla carriera);
- durante il primo lock down 1 donna su 2 ha dichiarato di aver visto una sensibile riduzione del proprio tempo libero: ad eccezione delle donne senza figli o senza familiari adulti-anziani di cui prendersi cura;
- a livello internazionale le donne italiane e spagnole hanno subito il maggior impatto negativo in termini di tempo libero al contrario delle norvegesi e le slovene;
- il lock down ha inoltre impattato sul tempo libero in modo diverso a seconda della seniority delle professioniste: le donne ai livelli professionali d’ingresso hanno subito meno restrizioni nel proprio tempo libero rispetto alle professioniste più senior (presumibilmente con famiglie più adulte e più complesse: figli a scuola e genitori di cui prendersi cura).
I COSTI ECONOMICI, INDIVIDUALI E PROFESSIONALI SUBITI DALLE DONNE
In termini di carico di ore di lavoro mensili non pagate le ricercatrici hanno stimato un più che raddoppiato monte ore: passato da circa 41 ore/settimana, pre-Covid, a 92 ore/settimana nel lock-down generando una grave perdita economica sia a livello individuale che di sistema nell’ordine di svariati milioni di Euro.
Una perdita economica concreta e visibile che avrà un impatto finanziario e sociale sia immediato che nel medio periodo:
- minori stipendi,
- minori pensioni,
- minori risparmi,
- minori investimenti
- minore indipendenza / maggiore povertà da ‘future‘ anziane.
CHE FARE
Una società sana e sostenibile, senza più ritardi, deve basarsi sul valore delle diversità, senza distinzione di genere, in cui ciascuno contribuisce a portare punti di vista, bisogni, visioni e idee utili al progredire sociale della comunità:
garantire pari opportunità tra i generi e chiedere pari coinvolgimento e peso nella scelte strategiche politiche, economiche e sociali, così come nella gestione dei carichi familiari sono azioni che vanno nella direzione di un mondo inclusivo e orientato al futuro.
Le generazioni più giovani, Z Gen e Alpha Gen, non sempre e non in tutte le parti del mondo comprendono questo divario, ai loro occhi è incomprensibile pensare a una diversità di ingaggio economico, politico, professionale, finanziario o sociale tra uomo e donna. Sempre di più, e fin da bambine, soprattutto nel mondo occidentale, vivono in contesti in cui le distinzioni di genere sono sempre più sottili e talvolta impensabili, a partire dalle attività educative per arrivare a quelle sportive o lavorative. Per queste giovani generazioni il divario di genere non ha più senso.
Le manifestazioni mondiali, le rivendicazioni in corso in ogni angolo del pianeta, sono spesso guidate da giovani donne con un ruolo e un impegno politico sempre più incisivo.
Escludere o limitare la partecipazione delle donne dalle decisioni strategiche locali e globali in corso equivale a limitare, se non fermare, la crescita e lo sviluppo del genere umano nel presente e per il futuro.
Questa indagine evidenzia, una volta di più, l’apporto produttivo ed economico, silenzioso ma vitale, che le donne hanno avuto nell’affrontare questi lock-down pandemici, il valore aggiunto generato per garantire un livello di ‘normalità’ all’interno delle famiglie e nelle organizzazioni in cui sono impiegate come lavoratrici.
Cosa ci insegna la partecipazione delle donne nell’affrontare la pandemia? Cosa possono fare le istituzioni centrali e locali, le organizzazioni per valorizzare il patrimonio femminile? E per garantire che queste professionalità rimangano nel circuito del mondo del lavoro?
Alcune iniziative sono già maturate altre sono ancora da venire, ne segnaliamo una che viene da oltre oceano:
una coppia di giovani studentesse americane ha fondato www.projectmatriarchs.com che offre alle donne che lavorano il supporto di una rete di studenti che mettono a disposizione il loro tempo per intrattenere e accudire da remoto (via web) i figli delle lavoratrici.
Molte aziende hanno già aderito per offrire alla propria forza lavoro femminile la possibilità di continuare a rimanere attive nel mondo del lavoro e generare valore per l’azienda.
E in Italia?
Hai esperienze concrete da suggerire?
Silvia Rigamonti, Isabella Pierantoni
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