CHE TIPO DI DONNA SEI?
Donne Millennials e X Generation all’epoca del Covid-19
L’arrivo di Covid-19 in Italia ha sollevato il coperchio di una pentola di acqua solo apparentemente calma, in realtà ferma, direi fermentata, senza grande ricambio di acqua fresca in moltissime situazioni, per fortuna non tutte.
L’osservazione di questo periodo mi ha portato a notare le grandi differenze nel modo di affrontare la vita da parte di molte donne, Millennials e X Generation, con differenziazioni incredibili di status socio-economico, relazionale, famigliare, territoriale, professionale.
Il motivo per cui ho dedicato parte del mio tempo a questo studio deriva sia da un mio interesse personale, esistente da sempre, sia dalla realtà che nel corso delle settimane si è palesata molto diversa da quella che mi aspettavo di vedere, e che mi ha invitata, per non dire gentilmente costretta, a rinegoziare le mie opinioni.
Premessa e scenario di riferimento
In questi mesi di lockdown ho avuto l’occasione di ascoltare decine di commenti da parte dei miei clienti, manager e leader ingaggiati in diversi ambiti organizzativi, multinazionali, imprenditoriali, commerciali e di ascoltare molte frasi anche riferite al contesto famigliare.
Sto parlando di un campione tutto al femminile di età tra i 30 e i 45 anni, in sostanza di donne al lavoro, appartenenti alle generazioni Millennials e Generazione X.
Questo mi ha permesso di notare delle differenze davvero importanti anche all’interno di uno stesso ambiente.
Lo scenario si riferisce in maggioranza al territorio lombardo e veneto, e in misura minore al territorio toscano, ligure e piemontese. Inoltre, ho avuto confronti e scambi di opinione con alcune associazioni femminili, in particolare con le associate di EWMD Milano che presiedo. Ritengo sia un buon osservatorio se si considera che la Lombardia ha una Leadership importante della carriera professionale femminile negli ambiti organizzativi e guida con i propri esempi buona parte dello sviluppo di un futuro posizionamento delle donne nel Paese Italia, e di questo, in relazione al resto del mondo.
L’ autosabotaggio
Il primo forte impatto è stato di essermi resa conto che moltissime donne hanno allenato nel tempo una sorta di autoinganno riferito alla propria indipendenza.
Un autoinganno crollato nel giro di poche ore con l’arrivo di Covid-19 e che le ha riportate, in alcuni casi, a una re-impostazione organizzativa della propria vita quasi arcaica. Questo, in particolare lo rilevo nelle donne che hanno figli in età scolare. All’inizio sembravano casi isolati ma, alla luce del numero di persone intervistate, e rispetto al cluster descritto, stava emergendo uno scenario che appariva forte e chiaro al mio sguardo.
La maggioranza delle donne manager e leader intervistate, in età 35/45 con bambini in età scolare, ha dichiarato una difficoltà oggettiva nell’esercizio del proprio ruolo multitasking, durante il periodo di home-working a causa di Covid-19: per lo più vivono in spazi famigliari spesso insufficienti e con scarsa tecnologia disponibile per tutti i componenti familiari. Alcune sono ricorse ad acquisti immediati delle “postazioni”, con annesso tutto il necessario, poiché appare chiaro che il sistema di lavoro erroneamente oggi definito smart-working si evolverà in un modo di vivere (e convivere) più ampio e definitivo.
La “doppia schiavitu’”
Una definizione spesso utilizzata nei colloqui avuti è stata quella di trovarsi in una situazione di ‘doppia schiavitù’, cioè dover far fronte alla gestione della casa, dei figli e del lavoro contemporaneamente.
La presenza delle baby-sitter, dei nonni, degli aiuti per i lavori in casa sono improvvisamente sembrati come aiuti sostitutivi alla sola assenza delle donne. Assenti tali figure la situazione si è riversata totalmente sulle spalle delle donne. E’ parso normale, a molte donne, che l’uomo avesse il diritto alla tranquillità per il proprio lavoro (magari in cambio del fatto di avere a disposizione la cucina e la sala per avere maggiore spazio per sé e per i bimbi).
Inoltre, alla fine della quarantena, la fase 2 – momento in cui scrivo- la situazione permane visto che i figli non sono rientrati a scuola e nemmeno le donne sono rientrate in azienda. Il vero nodo è che questa situazione potrà rivelarsi stabile per parte della settimana nel futuro.
L’essermi resa conto di questa realtà mi ha costretto a fare i conti con molte emozioni: delusione, scoraggiamento e un senso di inutilità, disorientamento, grandissimo dispiacere in qualche caso, con qualche veloce passaggio di collera, senso di solitudine di valori e scopo, non mio specificatamente ma del mondo femminile. Mi sono quindi fermata e, come mia abitudine, mi sono messa alla ricerca di dati, informazioni, articoli e pareri sul mio sentire e pensare. Ho fatto moltissime interviste, a donne e uomini, ho cercato i pensieri e le parole di alcune mie colleghe e colleghi.
“Un lavoro è importante ma quello che le donne vogliono veramente è una casa e dei figli”.
E’ nel confronto che i paradigmi emergono nella loro polarizzazione.
In quanto parte attiva in alcune associazioni, anche di respiro internazionale, ho avuto la possibilità di reperire alcuni preziosi articoli e ascoltare molti interventi in proposito.Il tema è estremamente acceso anche perché le recenti scelte politiche hanno confermato l’assenza delle donne in ruoli di comando strategici e determinanti. D’altronde è facile notare che in Italia, finora, non abbiamo mai avuto una donna Primo Ministro o Presidente della Repubblica o Ministro delle Finanze….
Della moltitudine di dati, statistiche e varie fonti, ho scelto uno schema sintetico (fonte “Corriere della Sera”) che mi pare riassuma un concetto forte (ovviamente il dato è nazionale). L’orientamento delle donne italiane nei confronti della vita sembra essere riassunto nella frase: “un lavoro è importante ma quello che le donne vogliono veramente è una casa e dei figli”, pensiero espresso dal 63% delle donne e dal 71% degli uomini (cioè anche gli uomini pensano che le donne abbiano questo orientamento).
Il paragone con la Danimarca lascia molto colpiti. Sembra persino inaccettabile e crudo. Al secondo posto l’indagine è inquietante: le donne danesi hanno grande fiducia nel fatto che gli uomini danesi siano in grado di gestire e curare i figli addirittura più di quanto gli uomini stessi pensino, le italiane invece … Il terzo dato lascia nuovamente colpiti. Le donne e gli uomini danesi sono convinti di poter crescere i loro figli al meglio (“relazione sicura e intensa”) in qualunque situazione professionale e personale si trovino, mentre le donne e gli uomini italiani non hanno affatto questa opinione. La tabella esprime bene quanta disparità di opinioni esiste su questa tematica osservando l’accordo e il disaccordo rispetto alla realtà che appare. Questo determina il fatto che, in questo momento, la discussione in atto è potente e vi sono forti differenze.
The BIG Question
Lasciamo perdere quello che avviene in Danimarca e concentriamoci sull’Italia. Se dovessi osservare i dati in maniera fredda, direi che un senso di frustrazione sarebbe più che giustificato. Alcune donne mi hanno trasmesso un senso di ineluttabilità nel doversi addossare quasi l’intero carico familiare e professionale rinunciando a mettere in chiaro i principi di convivenza. Le situazioni si sono create quasi in automatico evidenziando equilibri precari pre-esistenti. Alcune tra loro hanno ritenuto ingiusto questo status-quo ma non hanno reagito e costruito risposte. Questo è apparso essere il modo in cui “alcune” donne stanno sperimentando la loro vita. Solo che, per alcune, non si è presentato solo Covid-19 ma l’eredità di una storia antica e originaria.
L’arrivo di Covid-19 ha attivato un automatismo tale per cui, nel giro di poco c’è stata una regressione al femminile verso i doveri primari: farsi carico del “tutto” come regola del gioco! Come fosse normale, evidente, persino banale. Eh si, per molte è intimamente così da tutta la vita, il copione è riapparso con l’arrivo della pandemia. L’evento liberatorio appare quindi il lavoro mentre l’evento inibente è la presenza dei figli. That’s the big question!
Un altro punto di vista
Nelle situazioni in cui i figli non ci sono la situazione ha presentato relazioni di genere mediamente paritarie e, se le donne sono single, addirittura un senso di fortuna è apparso tra le parole di moltissime. In sintesi, tutte le donne sono assolutamente consapevoli che c’è uno switch del proprio copione nel momento in cui la variabile figli segna una differenza di ruolo. Che cosa succede intimamente nelle persone non vuole essere tema di questo scritto ma può essere un punto di osservazione sul quale interrogarsi.
Ma la colpa di chi è? Solo nostra?
Desidero poi fare alcune considerazioni perché un moto di orgoglio è apparso nel mio cuore rispetto sia ad essere una donna, parecchio impegnata circa la ricerca e realizzazione di un piano di parità, sia donna italiana. Mi sono posta una domanda: ma è tutta solo, eventualmente, colpa nostra? E la risposta è stata: NO.
Le condizioni dei servizi disponibili a supporto delle famiglie italiane, paragonate a quelle straniere, ad esempio:
- periodo di congedo famigliare per gli uomini e attitudine e incoraggiamento reale senza pregiudizio al suo utilizzo,
- gratuità degli asili nido,
- spese da sostenere post partum,
- abitudine e disponibilità finanziaria all’utilizzo di “au-pair”,
- dotazione tecnologica scolastica, video lezioni ecc.,
emerge immediatamente la fragilità del sistema Italia.
Nelle associazioni internazionali che frequento, le donne con cui mi confronto hanno fiducia nel supporto sociale che il loro Paese garantisce, sanno di poter contare su questo aiuto per i loro piani familiari insieme al proprio partner. Inoltre, le donne italiane, a oggi, non hanno mai raggiunto stabilmente ruoli di comando politici grazie ai quali potessero determinare un cambiamento sociale reale nel quale i livelli di parità venissero, a tutti gli effetti rispettati.
E, ancora, quante sono le donne che hanno raggiunto i vertici nelle aziende, e hanno di fatto, determinato realmente un cambio di marcia in sè stesse, nel proprio stile di leadership agevolando la crescita di donne e uomini in un cambiamento che effettivamente sostenga il livello di parità nei ruoli? Quante sono le domande scomode alle quali oggi le donne sono definitivamente chiamate a rispondere e sulle quali occorrerà prendere posizione?
Che tipo di donna sei?
Il motivo per cui da sempre mi batto sul concetto di carriera a 360, tra i diversi concetti è:
- scegli chi vuoi essere e riconosciti dignità in ogni ambito della tua vita, sii la manager di te stessa organizzati e poi sii fiera di assumere un ruolo autentico che ti renda soddisfatta e se decidi di cambiare trova le forze per cambiare, chiedi aiuto e non assumere comportamenti di rinuncia e rassegnazione.
- Pianifica il tuo programma e perseguilo con convinzione, cammina con coraggio e fiducia per la tua strada.
- Riconosci e restituisci “redditività” alle tue scelte e al tuo ruolo.
Sono ormai tante le donne che hanno saltato l’ostacolo con passione e determinazione, e questo deve essere grande fonte di fiducia e lucida ispirazione. Ancora molte non se la sentono, si isolano e rimangono sole, non realizzate e, di conseguenza, spesso fanno un passo indietro e divengono inconsapevolmente nemiche del progresso.
Se è vero che viviamo in una Italia che amiamo e adoriamo per le cose meravigliose che offre ma ancora non ci garantisce parità, chiediamoci definitivamente cosa e come possiamo fare.
Abbiamo un sistema Italia ancora carente.
Abbiamo ancora sogni da realizzare, strade da percorrere, staffette da passarci e traguardi da raggiungere.
Abbiamo da coinvolgere gli uomini nel comprendere definitivamente che la specie umana dovrà fare la differenza per il nostro pianeta garantendo un valore migliore al meglio delle proprie capacità. …. non è più tempo per rimanere indietro.
Quindi torno all’inizio: che tipo di donna sei? Qual è il tuo contributo alla società e al futuro del Pianeta?
Soft skills Consultant
3 Comments on “Donne Millennials e X Gen all'epoca del Covid-19: tu che tipo di donna vuoi essere?”
Sono una X-GEN che ha voluto e vuole essere lavoratrice, madre e moglie, impegnata nel sociale. Confermo quanto scritto dall’autrice dell’articolo che non è facile in Italia arrivare in posizioni di comando per poter cambiare le cose. Però: mai arrendersi. L’esempio in famiglia e negli ambienti in cui si vive è il miglior contributo che si può dare perchè dove ancora non siamo arrivate noi, possano arrivare i nsotri figli.
Grazie per lo sprone a non rinunciare, a debilitare la rassegnazione e lo schiacciamento proveniente da una pressione culturale che è tutt’altro che leggera. Diventare e rinnovare l’impegno a essere manager di noi stesse, senza attendere un plauso o un’accettazione sociale! Cerchiamo alleanze evolute, anche e appunto tra donne.
Il tema della parità di ruoli è importante e va perseguito senza arrendersi mai anche se sì, in questo momento per noi donne in Italia sembra ancora lontano.
Penso davvero che decidere il proprio suolo e il viverlo con convinzione, dando l’esempio concreto di chi si è e di cosa si può fare, sia un passo importante.
Difficile sarà (senza aiuti) sradicare l’idea dentro ognuno di noi che non puoi essere contemporaneamente una buona madre e un buon manager o professionista.