Se i Baby Boomer cambiano il mondo, di nuovo. Part. 2
Dopo aver trasformato la vita sociale, professionale e politica del secolo scorso[1] ne abbiamo parlato nel precedente articolo, i Baby Boomer sono gli attori di un’altra grande fase di transizione e, di nuovo, cambieranno il mondo. E anche questa volta sono portatori di sfide e opportunità.
In tutta Europa la generazione dei BB si avvia verso il pensionamento incidendo profondamente sui sistemi di lavoro, pensionistici e famigliari. Tutti i paesi europei devono prepararsi ad affrontare questo grande cambiamento preparandosi per tempo a gestirlo e trarne vantaggio. Gli effetti di questo esodo[2], sono concreti e visibili già adesso ma lo saranno ancora di più a breve:
in Italia, tra soli 5 anni, nel 2025, ci saranno fino a 1 milione di pensionati in più [3] che si aggiungeranno ai 16 milioni del 2019[4].
Essere consapevoli di questo fenomeno, saperlo vedere e riconoscere offre la possibilità di trasformarlo in un’opportunità più che un problema. Riflettere sulle conseguenze del ritiro dei Baby Boomer dal mondo del lavoro è un ottimo esercizio per prepararsi ai futuri che si stanno delineando. Il primo pensiero, quello su cui – quotidianamente – si dibatte di più a livello politico ed economico, è quello previdenziale e finanziario. Del resto, le finanze pubbliche sono e saranno sempre più in crisi a causa dell’entrata massiccia di nuovi pensionati rappresentati proprio dai Baby Boomer.
Per l’Europa e l’Italia, assicurare benessere e cura ai più anziani, mantenere il sistema sanitario e pensionistico sarà molto più costoso e complicato, è questa la sfida che incide su ogni scelta e decisione corrente e futura.
QUALI SONO LE ALTERNATIVE POSSIBILI?
1- Avviare pratiche di sostegno per Life-Long Learning per lavoratori senior ma anche per anziani e pensionati.
Questo tipo di attività, oltre che a sostenere politiche attive di lavoro, aumentare l’occupazione per diverse fasce d’età e settori, offrire nuovi segmenti di occupazione e mestieri per tutte le fasce d’età, supporta i senior a mantenere senso e scopo di vita, interesse, motivazione, impegno sociale e molto altro. Inoltre, come studi e ricerche scientifiche dimostrano, questa pratica ha un profondo impatto in termini di spesa sociale diffusa, dal prolungamento e mantenimento di una migliore salute fisica e mentale degli over65; al minore tempo da dedicare alla cura degli anziani sulle spalle delle famiglie e delle donne; alla diminuzione della spesa sanitaria poichè contribuisce a ritardare malattie tipicamente senili come demenza, Alzheimer etc..
2 – Impostare strategie intelligenti di gestione del fenomeno migratorio nel suo insieme.
a) Gestire le migrazioni in uscita: a causa del crollo delle nascite in Italia (da più di 1 milione di nascite nel 1964 a circa 400 mila nuovi nati del 2020) e del conseguente restringimento di mercato, dovuto alla crisi economica e alla diminuzione di capacità di spesa delle famiglie, aumentano anche le migrazioni per motivi professionali. Tuttavia, una maggiore consapevolezza e analisi dei bisogni e delle necessità di consumo di una popolazione più anziana ma finanziariamente stabile crea nuove opportunità di lavoro alimentate dalla Silver Economy nel prossimo ventennio.
b) Gestire le migrazioni in entrata: la Germania, da più di 20 anni, ha messo in atto un protocollo lungimirante di apertura ai lavoratori stranieri, i quali oggi contribuiscono alle finanze pubbliche tedesche, ma allo stesso tempo supportano prosperità e crescita della nazione con gran parte dei cittadini di seconda generazione motivati a dare il loro apporto.
c) In Italia su 5 milioni di cittadini stranieri, 2.4 milioni lavorano e versano all’INPS oltre 10 miliardi l’anno (Fonte Istat 2018, articolo Sole24Ore) , contribuendo in tal modo a pagare la pensione dei circa 16 milioni italiani, e non solo. L’età media degli occupati stranieri è di circa 33 anni, ossia 10 anni in meno dell’età media dei lavoratori italiani, questi ultimi vedranno la loro pensione pagata dagli stranieri se resteranno nel nostro paese, perchè il rischio di non vederla proprio è oggi piuttosto alto, se non addirittura certo, dati i numeri previsti della popolazione italiana in forte calo.
3 – I fondi europei possono costituire un’occasione irripetibile per rilanciare formazione e reclutamento delle risorse senza distinzione di età e nazionalità, si creerebbero posti di lavoro e opportunità professionali per tutti, si allargherebbe la base economica e produttiva del sistema-paese, si porrebbero le basi per costruire un futuro migliore, più inclusivo e sostenibile a cui tutte le nuove generazioni, di ogni paese, aspirano.
4 – Un altro effetto dell’uscita dei BB dal mondo del lavoro riguarda la diminuzione dei risparmi. I più adulti di questa generazione sono gli ultimi ad aver avuto accesso all’ascensore sociale, a più possibilità lavorative e stipendi alti, ed è riuscita a risparmiare come nessuno prima. D’altro canto è’ anche la prima generazione che non vede e non vedrà il reddito pensionistico nella stessa misura delle generazioni precedenti ricevendo una pensione contributiva e non retributiva. I più giovani di questa generazione, gli attuali 55-60enni, pagano e pagheranno di tasca propria politiche pensionistiche poco lungimiranti avviate dai membri più adulti della loro stessa coorte.
5 – Alcuni studi stanno evidenziando una buona probabilità che in futuro, a partire dal 2030, i ragazzi della Z Gen ormai nel mondo del lavoro, e gli Alpha che cominceranno ad entrare nel 2030, avranno buste paga più tassate proprio per sostenere le pensioni dei loro genitori e nonni Baby Boomers.
LE CONSEGUENZE DELL’ ESODO NELLE PMI, IN AGRICOLTURA E SUL TERRITORIO
Molti dei Baby Boomer europei lavorano nel settore agricolo e nelle aree rurali, nell’industria estrattiva o nelle PMI.
L’uscita dal mondo lavorativo svuoterà pesantemente questi settori e aree extra-urbane generando vuoti territoriali e professionali importanti per il sostentamento della comunità intera.
La pandemia ha anticipato questi effetti territoriali impedendo ai lavoratori più adulti di spostarsi nei diversi paesi europei con conseguenti problemi di semina e raccolta dei prodotti agricoli. In Italia durante il primo lockdown ci sono stati grossi problemi di reperimento della manodopera per la raccolta di pomodori, frutta ecc …
Sempre in Italia[5] la rete economica delle PMI, il 93% del tessuto imprenditoriale, ha continuativamente sostenuto l’economia del paese, il 66% dei piccoli e medi imprenditori italiani sono over 50. Nel settore agricolo siamo al 72%, in quello manifatturiero al 60%.
Chi prenderà il loro posto?
Non è solo questione di interesse, motivazione, mancanza di offerte di lavoro, ma anche di deficit strutturale di forza lavoro, in Italia non ci sono abbastanza giovani.
Il più basso numero di giovani in Europa è un record tutto italiano[6].
Scompariranno mestieri e presidi territoriali professionali non direttamente collegati all’arrivo dell’ Intelligenza Artificiale o dei robot ma piuttosto all’invecchiamento della popolazione e alla mancanza di politiche lungimiranti.
Le idee e le opportunità ci sono. Basta volerlo?
Isabella Pierantoni
Riferimenti bibliografici:
[1] Vedi Part 1
[4] https://www.istat.it/it/archivio/254290
[5] Indagine Unioncamere, https://www.milanocittastato.it/news/allarme-i-giovani-italiani-non-fanno-piu-gli-imprenditori/
[6] Totale popolazione italiana 60.483.973 nel 2018, di cui il 17% Millennials (25-39 anni), 14% Z (11-24 anni) e 9% Alpha Gen (0-10 anni)
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