La personalità generazionale, come sa chi ha partecipato alle attività di Generation Mover™, assume le sue caratteristiche peculiari in un momento preciso della vita degli individui. È quel periodo tra la pre-adolescenza e l’adolescenza in cui la bambina o il bambino che sta diventando ragazza/o comincia a entrare in contatto con il mondo esterno.
È in questa precisa fase di vita (collegata anche allo sviluppo neuro-fisiologico) che comincia a capire che i contenuti dei discorsi degli adulti toccano anche lei/lui personalmente. Gli eventi che accadono in questo arco di tempo lasceranno un segno importante nella costruzione dell’identità personale, nella concezione del mondo, nei valori, nell’ approccio alla vita, al lavoro, alle relazioni sociali.
Ebbene. Per la generazione che sta costruendo in questa epoca la propria identità individuale e sociale (i ragazzi che oggi hanno tra gli 8 e 16 anni un po’ Z generation, un po’ Alpha), questo fenomeno assume una modalità molto particolare, soprattutto se paragonata alle esperienze delle generazioni immediatamente precedenti. Potremmo dire che è una modalità particolarmente invadente: una pandemia, di quelle che si pensava ormai relegate nei libri di storia sotto la voce “pestilenze e affini”, che ha fatto irruzione nella quotidianità di ogni individuo e famiglia.
I ragazzi, come gli adulti, si sono visti interrompere da un giorno all’ altro la routine quotidiana basata sull’ attività scolastica, sportiva e sociale ecc. . Hanno subito l’improvvisa impossibilità-proibizione di uscire dalla propria casa e per mesi hanno vissuto in un ambiente conosciuto e allo stesso tempo sconosciuto, quasi irreale, in cui praticare una parte di vita che prima aveva altri spazi e tempi, e nel quale l’unica certezza era che non si sapeva quanto sarebbe durato. E magari con la preoccupazione per la salute e la vita dei propri affetti: genitori, zii, nonni, amici, fidanzati/e, amori vari, qualche volta finiti in tragedia.
E tutto ciò non è che la prima parte della storia.
Quasi sicuramente ci aspetta, dopo l’emergenza sanitaria, una crisi economica non da poco, con tutte le ricadute del caso sui posti di lavoro, sulla capacità di spesa delle famiglie e sul clima generale in cui questi ragazzi dovranno crescere e vivere i prossimi anni.
Non possiamo sapere che cosa accadrà esattamente nel futuro immediato. Tuttavia, qualcosa possiamo provare a immaginarlo: se il presupposto all’inizio dell’articolo è valido, quali saranno i segni lasciati dall’esperienza pandemica sulla costruzione di identità sociale e sulla personalità generazionale degli adolescenti?
Questi ragazzi stanno crescendo con un’esperienza fortemente individuale e personale, molto più incisiva che vedere le Torri Gemelle crollare in tv, come è successo ai più giovani millennials. Un’esperienza di brutale troncamento della vita percepita e vissuta come “normale” nel sentire comune fino a soli pochi mesi fa, di isolamento anche dagli affetti più stretti, di fragilità e vulnerabilità proprio nel momento in cui si formano sentimenti di fiducia verso sé stessi e gli altri e si definiscono i valori personali, quelli da realizzare nella vita e per cui lottare da subito.
Quale idea di stato, istituzioni e politica si sta formando nella testa di questi giovani? Quali futuri si stanno preparando?
Ora che anche gli insegnanti più riottosi hanno dovuto cedere a nuove forme e strumenti di didattica, quale tipo di scuola saprà rispondere, in modo efficace e ingaggiante, alle generazioni che nel mondo nuovo vivranno davvero?
In un tempo in cui anche le istituzioni politiche e territoriali più inamovibili hanno applicato velocemente modelli di lavoro ‘nuovi‘ – disponibili da più di un decennio e praticati solo in piccola misura, osteggiati fortemente da sindacati e lavoratori – scoprendo che funzionano anche meglio dei precedenti, per quale motivo, come e dove e con chi vorranno lavorare i ragazzi che dal 2020 entrano nel mondo del lavoro?
La domanda che ci poniamo è chiara: con queste premesse, di chi si fideranno più, questi giovanissimi?
Mattia Rossi, Isabella Pierantoni
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One Comment on “Di chi si fideranno i giovani, dopo il Covid_19?”
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