Gen Z e Millennials: selezionano loro l'azienda, non il contrario

Non è più l’azienda a selezionare i collaboratori, oggi sono loro a scegliere l’azienda-organizzazione e il tipo di lavoro. Nelle aziende ancora troppi managers e leader resistono ad adottare nuovi modelli di lavoro ibrido e a comprendere la logica della YOLO Economy.

Ma per quanto ancora potranno evitarlo? Qualche consiglio.


Equilibrio vita-lavoro, equità di trattamento economico, geografia salariale, flessibilità oraria, autonomia professionale sono solo alcuni degli elementi che pesano sull’accettazione di una proposta professionale da parte di giovani under 35.


L’ultima ricerca a confermare questo cambiamento, oramai inarrestabile, è lo studio globale Workmonitor della  multinazionale di consulenza sulle risorse umane Randstad che ha intervistato 35.000 lavoratori in 34 mercati.

Più del 55% degli intervistati appartenenti alla Z Gen e Millennials hanno dichiarato di essere disposti a lasciare il lavoro se questo dovesse interferire o compromettere i loro obiettivi personali e di vita.

Solo 5 anni fa era impensabile un cambiamento di questo tipo, soprattutto in Italia nota per la sua mancanza cronica di offerte lavorative e in cui ha sempre vinto l’atteggiamento di ‘tenerselo stretto il lavoro’ se ce l’hai, qualunque esso sia. In pochissimo tempo, con una pandemia di mezzo e una guerra in Europa dall’esito incerto e devastante, tutto quello che si poteva pensare e credere a proposito di “lavoro” non esiste più.

Questa rivoluzione è stata innescata da giovani della Z Gen e Millennials in età da lavoro, ma poi sono stati seguiti anche dai più adulti (vedi qui). Sono cambiate le priorità professionali, personali e di sistema. E non è che non lo sapessimo, da anni anche noi ce ne occupiamo con la chiave demografico, generazionale e futurista, ma oggi ci siamo:

una popolazione più vecchia e con pochi giovani modella non solo il futuro di una nazione ma anche il suo presente facendo emergere eventi e fenomeni sociali concreti.

Il tema dell’ equità e della diversity, in tutte le sue forme, si incardina nei modelli di pensiero e nei comportamenti delle generazioni più giovani che non sono più disponibili a tollerare rinvii o discussioni su aspetti concreti nel mondo del XXI sec., un mondo nel quale loro vivranno più a lungo. La mancanza di risposta ai bandi di concorso pubblici italiani nella P.A. è solo la punta dell’iceberg di un rinnovato modello di lavoro incardinato nelle generazioni più giovani, irreversibile. Un dato di realtà da cui partire. Che fare? Partiamo dall’equità vista dai più giovani.

Che cos’è oggi l’equità nel mondo del lavoro e quanto conta per le generazioni più giovani

L’equità assume diverse forme nella mente dei più giovani, diverse sfaccettature che rispondono ai profondi cambiamenti di questa nuova epoca. Se nel secolo scorso poteva essere associata alla possibilità di avere un giusto riconoscimento economico e buone opportunità di carriera, oggi le variabili a corredo di questo elemento sono diverse e tutte ugualmente importanti. Sono diventate un must nella decisione di accettare una proposta di lavoro, vediamone alcuni aspetti.

  • Usufruire di flessibilità oraria: non è solo poter decidere quando iniziare a lavorare e quando finire, ma anche decidere quanto tempo lavorare in base al compito da eseguire, considerando talenti e capacità individuali che non vengono certo determinate dalla quantità di ore dedicate.
  • Autonomia nella gestione del lavoro, poter decidere ‘come’ eseguire il lavoro in base alle proprie attitudini e disponibilità di tempo e risorse rispettando la data di consegna richiesta.
  • Geografia salariale, uno dei motivi per cui nella P.A. da anni esiste un problema di recruiting di giovani è che gli stipendi non sono commisurati al costo della vita della città in cui si deve lavorare, il flop degli ultimi concorsi pubblici è dovuto soprattutto a questo oltre che a una reputazione dello stile di lavoro nella P.A. decisamente poco entusiasmante.
  • Differenze di compenso per segmenti di popolazione professionale:
    • per anzianità aziendale e non per merito, questo è un tema caldo rilevato dalle ricerche soprattutto nelle aziende e organizzazioni italiane. Le generazioni più giovani non sono più disposte ad accettare il tema dell’anzianità aziendale come un requisito da premiare con benefit economici o di altro tipo, soprattutto se non collegato al merito.
    • Per i genitori, in una società in cui figli se ne fanno sempre meno per diversi motivi, i lavoratori di ogni età che non ne hanno si chiedono perché questo deve essere un elemento di rinuncia a benefit o privilegi diversi.
    • Compensi maggiori per nuove assunzioni a parità di ruolo e funzione, recentemente per sopperire alla difficoltà di trovare o attrarre nuove risorse le aziende offrono fino al 20% in più per posizioni già occupate da impiegati presenti da più tempo, il che genera frizioni e malumori che pesano sulla retention e sulla reputazione dell’azienda stessa.

Il tema del futuro del lavoro sarà al centro della prossima CPF in partenza a settembre 2022.

 

I. Pierantoni

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