“Grandi dimissioni” o "Ri-organizzazione del mercato del lavoro"?

“Grandi dimissioni” o “Ri-organizzazione del mercato del lavoro”? Effetti e conseguenze sulla mobilità.

In Italia nel 2021, secondo i dati del ministero del Lavoro, si contano 2 milioni di abbandoni volontari da parte dei dipendenti, un +33% rispetto al 2020[1]. È un numero di molto inferiore rispetto agli USA, paese in cui dalla primavera dello scorso anno si sono dimesse circa 4 milioni di persone al mese (vedi qui) ma nella realtà occupazionale italiana è un numero decisamente rilevante soprattutto per la novità del comportamento dei lavoratori.

Il mercato del lavoro italiano fino alla pandemia, lato lavoratore o aspirante tale, a causa delle condizioni da sempre difficili in termini di offerta, è sempre stato caratterizzato dalla ricerca di un lavoro a qualsiasi condizione pur di cominciare o continuare a lavorare per avere un reddito. Molto raramente si era visto qualcuno che pur avendolo, un lavoro, decidesse in modo autonomo di lasciarlo senza avere contemporaneamente altre opportunità. La pandemia ha sparigliato le carte anche qui.


Invece di ‘Grandi dimissioni’ forse la situazione può essere meglio definita come ‘Grande ri-organizzazione del lavoro”.


Il fenomeno ‘Dimissioni’: il contesto 

I punti chiave[2] sociali ed economici: collocare temporalmente, rispetto alla pandemia, gli eventi che hanno portato all’emersione del fenomeno suggerisce una chiave di lettura più ampia. Ecco come.

  • Pandemia: per la prima volta, nella primavera 2021, una dipendente americana di un’azienda della grande distribuzione si dimette in diretta social su Tiktok, dopo di lei centinai di migliaia di lavoratori americani postano le loro dimissioni in diretta.
  • Pre-pandemia: dal 2010 circa, milioni di Baby Boomer nel mondo iniziano ad andare in pensione.
  • Pandemia: la pandemia ha messo in ginocchio i settori con i salari più bassi a partire dai settori turistico-alberghiero-ristorativo, edile, grande distribuzione, gig economy, commerciale, manifatturiero, informatico-digitale, sono seguiti quelli con più alto burn-out e/o stress a seguito della pandemia, come quello sanitario.
  • Pre-pandemia: Aumentano i care-giver famigliari ossia le persone che si prendono cura dei propri famigliari anziani o dei bambini piccoli, spesso sono le donne più adulte della famiglia a farsene carico.
  • Pandemia: non sono solo i giovani a dimettersi, anche i 50enni fanno parte di questo gruppo.
  • Pre-pandemia: le generazioni più giovani elaborano un ‘senso del lavoro’ differente da quello delle generazioni precedenti.
  • Pandemia: aumentano i Baby Boomer che scelgono di andare in pensione anche quando possono prolungare la loro permanenza professionale.
  • Pre-pandemia: l’Italia ha il più basso numero di giovani (15-29 anni) di tutta Europa (15%)[3]

L’elenco sopra, non esaustivo, evidenzia come questo fenomeno avesse già i presupposti per divenire un  trend [4] prima della pandemia. Due anni di lock-down globale hanno accelerato scelte che, probabilmente, erano già nella mente delle persone che si si chiedevano, e ancora si chiedono, il senso del proprio lavoro.

Gli effetti sul mercato del lavoro in Italia

I settori – sopracitati- in cui si sono registrate le più alte quote di dimissioni sono anche quelli che più velocemente si sono risollevati quando il Covid-19 ha cominciato a rallentare. Proprio questo ha accelerato e reso fortemente critici quei punti di debolezza strutturali presenti prima della pandemia, alla base delle dimissioni stesse. Analizziamone effetti e conseguenze.

Settore turistico-alberghiero, ristorazione e attività commerciali

Motivazione alle dimissioni: chiusura attività e basse retribuzioni.

I lavoratori in questo settore riportano che la loro scelta è stata motivata da più fattori:  bassa retribuzione, poco riconoscimento in termini di gratificazione e realizzazione economica, professionale e personale, lavorare in un clima spiacevole sia con i capi che con i colleghi, elementi che si sono tradotti in dimissioni immediate e valutazione di altre proposte nella speranza di trovare, almeno, un clima lavorativo migliore.

Effetti delle dimissioni

      • A causa della mancanza di personale le retribuzioni sono aumentate
      • I lavoratori avanzano richieste sul modello di organizzazione del lavoro (ad esempio flessibilità di autonomia nella gestione dei turni di lavoro compatibili con le esigenze dei clienti e dei colleghi)
      • I social sono diventati uno strumento per rendere visibili i comportamenti dei capi e dei colleghi
      • La reputazione dell’azienda è online anche per le piccole attività commerciali.

Settore sanitario

Motivazione alle dimissioni: turni di lavoro massacranti, stress emotivo-psicologico, clima lavorativo ‘difficile’, rapporti con il capo ‘complicati’.

I medici, gli infermieri, gli assistenti sanitari, O.S.  hanno subito il più forte impatto della pandemia sia in termini di carico di lavoro che di carico emotivo-psicologo. Venti anni di riduzione di investimenti nel settore hanno prodotto calo delle assunzioni e poco personale qualificato medico e sanitario, in generale frutto di politiche poco lungimiranti.

Effetti delle dimissioni

      • Invecchiamento e pensionamento dei medici di base e conseguente chiusura degli ambulatori della ASL per mancanza di medici (la pandemia ha accelerato la scelta di andare in pensione anche per l’enorme aumento del carico di lavoro e del rischio per la salute di medici non più giovani).
      • Chiusura di ambulatori della ASL per mancanza di medici
      • Aumento delle dimissioni dei medici ospedalieri, spesso per cambiare con un ruolo meno invasivo, nel privato o per assumere il ruolo di medico di base.
      • Emergenza nelle professioni mediche per anziani e specializzazioni varie, ad esempio mancano figure come anestesisti, geriatri, neurologi ecc.

Settore informatico-digitale

Motivazione alle dimissioni: troppo lavoro, necessità di equilibrio vita-lavoro, compenso non adeguato, necessità di ‘staccare’, solitudine da smart-working.

In questo settore caratterizzato dalla presenza di molte professioni legate alle generazioni più giovani si è registrato un alto turn-over legato non solo alle motivazioni sopra elencate ma anche alla vivacità del mercato del lavoro stesso in cui, ad esempio, le figure in ambito digital sono tra le più ricercate.

Effetti delle dimissioni

      • Aumento delle retribuzioni
      • Allineamento dei modelli di Benefits in un’ottica di Diversity & Inclusion
      • Cambiamento del modello di lavoro da in-office a ibrido
      • Aggiornamento continuo dei modelli di recruiting aziendale in-house per rispondere alla mobilità delle figure specialistiche
      • Necessità di up-skilling e re-skilling per tutti i lavoratori del settore ma anche per gli altri ambiti.

Il quadro che emerge è piuttosto chiaro:

la spinta per le dimissioni di un gran numero di lavoratori negli ultimi due anni, ha riguardato il modo di lavorare e il senso del lavoro, compresa la ri-negoziazione del compenso non più unico elemento di valore ma nemmeno l’ultimo, costringendo imprese e sistemi a compiere velocemente quel passaggio evolutivo già in corso.

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Esiste un nuovo mercato del lavoro caratterizzato da lavoratori più consapevoli di sé e dei propri bisogni, da nuovi strumenti digitali che hanno cambiato consumi e stili di lavoro, con un rinnovato spirito professionale, anche imprenditoriale vedi la YOLO Economy praticata non solo dai giovani.

I venti di guerra che si aggiungono alle criticità della pandemia potrebbero fermare la tendenza a crescere delle dimissioni ma non cambiano il nuovo quadro del mercato del lavoro in cui tutti gli attori – aziende, imprenditori, managers, lavoratori, politiche del lavoro – devono ricollocarsi e trovare un nuovo senso a cominciare da una più alta e potente capacità di osservazione e di ascolto delle generazioni.

ip

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