La prima volta che ho sentito questa parola ho pensato ad un errore: d’altra parte nella lingua parlata capita, no?
Poi mi sono soffermata su quell’insieme di lettere così nuove e così diverse e ho cominciato ad assaporarle con i sensi: me le sono immaginate, le ho ripetute ad alta voce finché non mi sono sentita pronunciare quella parola in modo armonico, senza sbavature. Ho persino provato a scriverla sulla carta: un modo così vetusto per sentirmi padrona di una parola che lo è altrettanto, ma che fino a ieri non conoscevo.
Partiamo dall’inizio: dove è comparsa per la prima volta questa parola?
Pare l’abbia scritta, e utilizzata per la prima volta, niente meno che Dante, nel XVII canto, durante il suo viaggio nel Paradiso, in cui attraversando il cielo di Marte, che ospita le anime dei combattenti per la fede, incontra il suo avo Cacciaguida. Subito dopo aver pronunciato la sua celebre profezia, ovvero l’esilio di Dante da Firenze, Cacciaguida, riserva però allo stesso Dante un monito di speranza:
“poscia che s’infutura la tua vita vie più là che ‘l punir di lor perfidie“,
ovvero gli raccomanda di non portare rancore per quello che accadrà, perchè la sua vita si proietta nel futuro ben oltre quelle di chi con lui è stato malvagio.
Dante, nei suoi scritti, non la userà più, ma non sarà dimenticata: la si può trovare nella letteratura e nella poesia successiva, fino a Montale, a Pasolini, ai giorni nostri.
Tuttavia, a differenza di altre parole altrettanto auliche, è poco usata: sarà perché esprime semplicemente una transizione non definitiva verso il domani, una direzione interna e non determinata del futuro? Sarà che assomiglia ad un ponte di cui vediamo l’inizio ma ne intuiamo solo vagamente i confini, relegando il finale alle scelte da fare lungo il cammino, o con l’aiuto dell’immaginazione?
Di sicuro è una parola raramente detta e pronunciata, poco pensata proprio perchè poco conosciuta, ma una cosa la sappiamo anche se è difficile da esprimere, il significato è li, davanti a noi, e in qualche modo “infutura” il percepire, l’immaginazione proiettandola in un domani sfumato, non facile da dire o esporre con eguale sentire.
Perché oggi è ancora più importante ‘infuturarsi‘?
Il viaggio letterario di Dante è un viaggio nei cambiamenti passati in cui il passato stesso è fonte di apprendimento, di ispirazione, di riflessione e in cui ancora oggi molti studiosi scovano indizi e spunti ulteriori. Tuttavia oggi, nel 2021 in mezzo ad una pandemia globale di cui si comincia a vedere qualche sprazzo di luce, una cosa l’abbiamo imparata:
in un mondo del tutto nuovo rispetto ai secoli passati il passato non ha più molto da insegnare.
Viviamo in un presente di cui non abbiamo colto i segnali che pure ci sono stati. E sono molte le cose che non abbiamo saputo o voluto vedere e considerare.
Per guardare al futuro, provare ad immaginarlo, identificare scenari possibili, prendere decisioni lungimiranti e prepararci per tempo non è necessario viaggiare a ritroso nel tempo ma possiamo attrezzarci imparando ad anticipare, esiste una competenza specifica indispensabile nel XXI sec., la Futures Literacy..
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F. Praga, I. Pierantoni
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