Marketing, comunicazione e Baby Boomer: stereotipi e un mercato in crescita – part 3

Quali sono i consumatori che oggi spendono di più? Come raggiungerli? Un altro modo di utilizzare la chiave socio-demografica è la lente generazionale sui mercati.

I Baby Boomer – nati tra 1946 e 1964 –  in Italia il 25% della popolazione totale, rappresentano la fascia demografica di mercato che oggi spende di più, per tutta una serie di motivi di cui abbiamo parlato nei precedenti articoli. Non ultimo il fatto che sono loro l’ultimo gruppo anagrafico ad avere accesso ad una pensione ‘certa’. Inoltre, essendo tanti offrono la possibilità di rinnovare mercati esistenti, chiuderne alcuni e aprirne altri, come nel settore della salute, sanità e finanza.

L’invecchiamento è ormai uno dei temi di cui si parla di più, oltre a quello climatico-ambientale, le industrie del marketing e della pubblicità lo sanno bene, del resto anche in Italia ormai all’ora di cena, tra pannoloni per adulti, prodotti per l’udito e per le dentiere è un continuo.

Ma chi si occupa dei consumatori di questa fascia d’età?  

Tutte le ricerche indicano che i manager italiani hanno un’ età media che va dai 48 ai 55 anni, dipende dal settore: privato, nel primo caso, o pubblico, nel secondo. E i direttori marketing non fanno eccezione, anche se nell’ultimo periodo, soprattutto nei contesti internazionali, che da noi non sono tanti, si assiste ad una inversione di tendenza dovuta anche alla trasformazione digitale in corso, per la quale è piuttosto diffuso il concetto, qualche volta anche pregiudizio, che i più giovani abbiano più dimestichezza. In Europa o in USA è esattamente il contrario a capo dei dipartimenti di marketing delle aziende spesso ci sono persone fra i 35 e 40 anni, millennials insomma.

Si dirà che non è una questione di età ma di competenze ed esperienza, il che in parte è vero. Eppure, un principio base del business e della comunicazione è che per raggiungere qualsiasi fascia demografica le aziende hanno bisogno di persone che capiscono quella fascia demografica.

Molti imprenditori e aziende hanno inteso come rinnovamento delle politiche di marketing e comunicazione quello di mettere a capo dei propri team di comunicazione, interni o esterni, capi millennial (peraltro oggi sono spesso over45 i più grandi  di loro).

E questo con il fine di avere una buona team di comunicazione, ma il rischio di percepire gli over60 come i propri ‘nonni’ resta alto. Soprattutto se parliamo di over60 del 2020, ossia i Baby Boomer, quelli che hanno cambiato il mondo e continuano a farlo.


Non sarà vedersi con la minigonna a 60 anni o su una moto con la bandana che li farà sentire compresi e capiti, anche perché nel frattempo sono cresciuti, il mondo è cambiato e loro anche.


Gli stereotipi dell’età online

La rivoluzione digitale e la pandemia Covid-19 hanno accorciato le distanze in termini di comunicazione e valori tra generazioni più adulte e più giovani.  Gli over 60 sono ormai una generazione digital, più del 60% di loro utilizza uno strumento di comunicazione social, i più smart pagano le bollette e non vanno più in banca oltre a fare acquisti online. Non tanto quanto i più giovani certo, ma ormai hanno iniziato e sappiamo che imparano in fretta.

Sono sempre di più anche gli over55 che aprono imprese. Un po’ per creare opportunità professionali che, altrimenti, si vedono bloccate, un po’ perché magari è arrivato il tempo di provare a realizzare progetti messi da parte per troppo tempo.

Secondo wearesocial,  in Italia gli over45 online sono quasi il 40%, mentre nel mondo sono oltre 1 miliardo.

L’ età che avanza  nella comunicazione viene spesso vista come qualcosa di negativo, da combattere, basta guardare alle creme anti-age pubblicizzate dalle maggiori multinazionali cosmetiche.

Per questo si parla di ‘ageism’ inteso come fenomeno negativo riguardo l’età, il che riguarda – per dirla tutta- tanto i giovani che gli anziani.

Una ricerca Life Insurance su 50.000 over50 inglesi rivela che 89% si sente ignorato dai brand e 74% pensa che la rappresentazione degli over50 sia stereotipata verso il passato.

Tuttavia, ci sono anche progetti più attenti come il video “Vecchio a chi” di Victoria e P&G sviluppato sul tema dell’età in cui, attraverso confronti leggeri ma veri, tra giovani e senior si affronta il tema su quando si pensa, o si percepisce, che sia l’età della vecchiaia.

In estrema sintesi:

  • gli over 60 di oggi vogliono scoprire il mondo, avviare nuovi progetti professionali o cambiare lavoro, fare sport, iniziare nuove relazioni sentimentali, scegliere in autonomia e senza vincoli come e cosa fare del proprio tempo dopo una vita passata a soddisfare le esigenze degli altri, figli compresi.
  • Sono la generazione di adulti che, insieme ai più giovani, è più disposta a sostenere la Green Economy, ad esempio sono loro che scelgono di fare la spesa nei negozi di quartiere per sostenere l’economia locale e da sempre sono attenti ai temi ambientali, perlomeno nelle fasce medio-alte.
  • Sono consapevoli di avere responsabilità sociale verso il futuro e i loro nipoti.
  • Molti scelgono di mangiare meno carne e utilizzare meno plastica, per la salute ma anche per il pianeta.
  • Sono consapevoli che esiste una minaccia ambientale-climatica per la quale hanno già combattuto in passato.
  • Occorre ripensare le credenze stereotipate sull’invecchiamento e individuare un nuovo scopo a seconda della fascia d’età.
  • Ogni prodotto ha un suo utente tipo con caratteristiche definite in base all’età ma oggi gli over60 potrebbero avere bisogni vicini a quelli dei più giovani e più possibilità di spesa, alcune aziende hanno cominciato ad inserire geriatri tra i consulenti di marketing.

Sono molti altri gli spunti da cogliere rispetto alla comunicazione verso questa generazione di adulti, ma di sicuro rappresentano un segmento economico da conoscere meglio e da curare, non solo per opportunità di business ma anche per opportunità di sviluppo sociale visto che sono il gruppo più rappresentativo in termini di ricchezza.

 

Isabella Pierantoni

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