Il cambiamento che stiamo vivendo non sempre coglie le aziende impreparate, anzi, nei casi più virtuosi le trasformazioni della tecnologia, la digitalizzazione e la riflessione sui nuovi bisogni, rappresentano lo spunto per ripensare l’azienda stessa, farla evolvere e ri-orientarla al futuro.
Generation Mover ne ha parlato con Fabio Parmeggiani, Talent Manager di Schneider Electric Italia.
In Schneider sono partiti proprio da una valutazione del cambiamento tecnologico e da una specifica prospettiva generazionale. Hanno gestito un progetto di Change Management che aveva come macro obiettivo quello di allineare il modello di business aziendale al nuovo mondo interconnesso, perchè l’introduzione dell’ Internet of Things (IoT), in cui anche la casa è interconnessa con l’uomo, influisce sui prodotti di Schneider e di conseguenza anche sull’offerta commerciale, sullo stile di vendita e sui processi interni.
Schneider Electric è lo specialista globale nella gestione dell’energia e dell’automazione. Con un fatturato di circa 27 miliardi di Euro nel 2015, i nostri oltre 160.000 dipendenti servono clienti in più di cento Paesi, aiutandoli a gestire la loro energia e i loro processi in modo sicuro, affidabile, efficiente e sostenibile. Dal più semplice interruttore al più complesso sistema di gestione, la nostra tecnologia, i nostri software e servizi migliorano il modo in cui i nostri clienti gestiscono ed automatizzano le proprie attività. Le nostre tecnologie connesse stanno ridisegnando le industrie, trasformando le città ed arricchendo le nostre vite. In Schneider Electric tutto questo lo chiamiamo Life is On.
In Italia Schneider Electric è presente con circa 3000 persone, tra commercio e produzione, e conta su otto aree commerciali, 5 siti industriali d’avanguardia, 1 Centro Logistico integrato a Venaria (TO) e 1 centro assistenza clienti unico. L’azienda è guidata nel nostro paese da Aldo Colombi, Presidente di Schneider Electric Italia, ed ha registrato nel 2015 un fatturato di oltre 600 milioni di euro.
D: Da dove e quando nasce l’esigenza di varare un progetto con questo ambizioso obiettivo?
R: Circa 3 anni fa abbiamo sentito la forte esigenza di rivisitare il modello di gestione delle risorse nel settore vendite anche a valle dei cambiamenti di mercato. I cambiamenti tecnologici degli ultimi anni stavano già avendo un impatto nella produzione, ma nello stesso tempo richiedevano un’evoluzione dell’approccio al cliente con l’obiettivo di rinnovare la proposta di vendita e la gestione del processo commerciale, sostenendo al contempo la crescita delle risorse interne.
D: Di quali numeri stiamo parlando?
R: Nel biennio 2014 – 2016 sono stati inseriti con ruolo di vendita e di tecnico commerciale circa 60 nuove risorse dai 25 ai 38 anni, in sostanza persone della Y generation (millennials) per la maggior parte, con una piccola percentuale di X generation della fascia più giovane.
D: Ci puoi dire qualcosa di più del progetto e, in particolare, delle fasi di ingresso e formazione di queste nuove risorse?
R: Il processo di inserimento è stato piuttosto articolato: per circa 3 mesi i giovani hanno lavorato sia sull’acquisizione di competenze hard, direttamente collegate al funzionamento dei prodotti e alla conoscenza dei processi interni aziendali, quindi al valore aggiunto tecnico che generavano per il cliente; nello stesso tempo hanno lavorato sulle competenze soft più strettamente relazionali e di approccio al cliente. In seguito li abbiamo portati sul campo in affiancamento con venditori senior che sono stati scelti anche in base alle loro capacità di coaching più che di mera competenza. Questo processo è durato circa 1 anno con importanti benefici, abbiamo visto alla fine, anche per i senior, per esempio in termini di reverse mentoring da parte dei giovani sull’utilizzo degli strumenti digitali.
D: Quale è stato l’impatto complessivo del progetto e quali conseguenze ha avuto sull’organizzazione?
R: Sicuramente questo ingressi hanno fatto bene all’intera organizzazione. Da un lato i giovani hanno dato un forte impulso alla digitalizzazione sia in ambito Business ma anche nelle modalità di interazione, allo stesso tempo hanno potuto beneficiare della profonda conoscenza che hanno i profili più senior del nostro mercato e del nostro business.
D: Prima dicevi che l’intervento non si è limitato solo ai nuovi ingressi, ma anche i Senior sono stati interessati da attività che hanno avuto il ruolo di sostenere il progetto di cambiamento aziendale.
R: Si, abbiamo visto che c’era lo spazio e l’opportunità di tentare un lavoro di allineamento anche per il management, la cui età media in azienda è di circa 44 anni. L’ingresso di questi giovani ha rafforzato la percezione di dover lavorare in modo strutturato sulla convivenza in azienda tra le diverse generazioni.
D: Come facilitate l’incontro tra le generazioni?
R: Abbiamo lavorato per capire quali erano le dinamiche che si stavano creando all’interno dell’organizzazione e abbiamo intrapreso un percorso graduale che sta portando ottimi risultati. Le iniziative che abbiamo lanciato sono numerose.
Abbiamo avviato percorsi di sviluppo manageriale anche in forma digitale (webinar, e-learning, corsi Mooc) su tematiche quali la gestione del feedback, active listening, coaching, intelligenza emotiva … coinvolgendo circa 300 persone per anno. Inoltre stiamo definendo un programma di change management strutturato per lo sviluppo della leadership per tutti i manager.
D: Un piano di cambiamento a tutto tondo quindi. Cosa vi ha colpito di più o cosa non vi aspettavate che accadesse nel processo?
R: Quello che ci ha colpito è stata l’interazione molto efficace che si è creata tra le diverse generazioni: da un lato i profili più senior hanno dimostrato un’estrema apertura nel condividere esperienze e competenze e dall’altro i più giovani hanno avuto un ruolo di accompagnamento dei manager all’utilizzo di strumenti che non erano, per ovvie ragioni generazionali, nelle loro abitudini.
Una frase che ora si sente spesso in azienda e’: “3 Minuti di chat e risolviamo il problema”. Questo è decisivo, perchè il business aziendale è legato anche alla trasformazione digitale. Siamo di fronte ad un fatto che dobbiamo considerare naturale, oggi tutti hanno uno smartphone in dotazione sia per le attività quotidiane che per la reportistica.
D: Sempre nella direzione dell’uso delle tecnologie e del loro impatto sul lavoro e sulle persone, ci sono altre cose che possono essere segnalate?
R: Due in particolare: da qualche anno ormai la comunicazione interna è prettamente digitale. E sono diminuite newsletter ed email a vantaggio dei social e dei canali di networking che hanno sostituito quasi completamente i canali ufficiali tradizionali.
E poi, oltre il 40% della formazione avviene via digitale e l’Italia è il primo paese del gruppo in questo campo.
D: Tornando al tema dello sviluppo del progetto sotto il profilo della relazione tra i diversi gruppi di età e dell’innovazione, che cosa avete osservato che possa fornire delle indicazioni strategiche per chi si appresta a varare progetti di questo tipo?
R: Abbiamo imparato e continuiamo ad imparare molto, la generazione Y, ad esempio, ha la necessità di ricevere feedback continui, mentre storicamente nelle aziende si è abituati ad avere uno o massimo due incontri formale di revisione della performance: questo ci ha spinto a ripensare per esempio il sistema di performance management.
Abbiamo visto inoltre che per i manager oggi è più importante saper costruire percorsi di sviluppo che percorsi di carriera, pertanto ad un responsabile è sempre più richiesto il ruolo di “facilitatore” più che di “gestore”. Il Manager viene visto come un coach che ha come primo obiettivo quello di costruire insieme ai propri collaboratori dei Piani di sviluppo individuali.
Abbiamo preso piena coscienza che saper comunicare oggi è una questione di strumenti prima che di linguaggi. Un esempio: lo strumento digitale può essere un ottimo strumento per i manager che devono gestire team in remoto, oppure quando è importante dare un feedback puntuale ed immediato allora la capacità di gestire lo strumento diventa fondamentale (chat, video, social). L’utilizzo delle nuove tecnologie rappresenta l’opportunità di lavorare più sui risultati che sul controllo.
D: Per concludere: avete osservato che effetto ha avuto tutto questo lavoro fatto internamente sull’esterno, sugli stakeholder in generale, e sui clienti in particolare?
R: L’introduzione delle nuove generazioni unita alla presenza di manager competenti che lavorano all’interno di un contesto culturale basato sulla collaborazione e sulla fiducia, ha avuto un impatto veramente importante che si è tradotto in risultati di business che possiamo considerare ottimi, e anche il ritorno dei clienti e dei manager è estremamente positivo.
Fabio Parmeggiani,
Isabella Pierantoni