Sono informazioni molto importanti per tutti, quelle contenute in questo articolo di Repubblica che racconta l’andamento della popolazione di Milano rilevato alla fine del 2019. Perché quanto sta succedendo nel capoluogo lombardo è la rappresentazione di come si sta evolvendo la nostra società a livello mondiale.
Con l’aggiunta di una criticità tutta italiana. Vediamo in che senso. Innanzitutto i numeri, e in particolare i due record: quello di popolazione, in positivo, e quello di nascite, in negativo.
La popolazione: i residenti di Milano alla fine del 2019 sono poco più di 1,4 milioni, il dato più alto degli ultimi 30 anni. I nuovi abitanti arrivano sia dall’Italia che dall’estero, in un flusso che conferma Milano come polo d’attrazione di livello europeo. E “dall’Italia” non significa solo dagli angoli più remoti dello stivale: si contano a migliaia coloro che provengono dai territori limitrofi come Monza e Varese.
La concentrazione della popolazione negli agglomerati cittadini è uno dei macrotrend che stanno plasmando il presente, ma soprattutto il futuro di tutto il pianeta.
Già nel 2007 la popolazione complessiva mondiale residente nelle città ha superato quella residente nelle aree rurali, per la prima volta nella storia umana.
E gli studiosi delineano un futuro fatto di città sterminate: non solo metropoli, ma anche tante megalopoli abitate da decine di milioni di persone ciascuna. Questo implica questioni sociali ed economiche affatto nuove, alle quali sarebbe opportuno cominciare a pensare seriamente fin da subito.
Nel caso milanese, poi, questo macrotrend ci porta dritto al cuore della criticità italica. Il prof. Alessandro Rosina, dell’Università Cattolica, fa notare che i giovani italiani più ambiziosi hanno sostanzialmente due opzioni: emigrare all’estero o, appunto, trasferirsi a Milano. In altre parole: Milano cresce, ma l’Italia no.
E se il resto del sistema Paese non supporta la vitalità milanese, anche questa rischia di implodere e spegnersi.
L’altro record citato è quello delle nascite meno numerose degli ultimi 100 anni:
nel 2019 sono nati a Milano soltanto 9.671 bambini. Il numero più basso da quando ne nacquero solo 8.800: accadde nell’anno 1919 e quel dato rappresentava gli effetti di una guerra mondiale.
Oggi invece rappresenta un megatrend ben noto agli studiosi di demografia nonché ai futuristi: in tutto il mondo industrializzato, nascono sempre meno bambini (a Milano sono calate le nascite anche tra gli stranieri: dalle 4.006 del 2016 alle 3.624 del 2018).
Dunque, se l’aumento dei residenti in un centro nevralgico come Milano è per certi aspetti una buona notizia, non deve tuttavia nascondere il fatto che comunque il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione stanno continuando imperterriti.
E che in un mondo interconnesso come il nostro non ci si può affidare a pochi “campioni” isolati qua e là illudendosi che facciano il lavoro per tutti. Perché alla lunga l’inerzia del sistema finisce per travolgere anche i più virtuosi.
Avere piena coscienza di questi fenomeni è fondamentale per agire oggi in modo da preparare un futuro sostenibile e robusto. Soprattutto in temi come questo l’incontro fra gli studi di futuro e la lente demografica e generazionale ci fornisce strumenti di comprensione e (conseguente) decisione di rara potenza.
Perché non usarli?
Mattia Rossi
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