Millennial: negli Stati Uniti sono la fetta di popolazione più numerosa, in Italia sono ‘quasi’ minoranza (circa il 10% della popolazione italiana). Sempre al centro dell’attenzione, in ogni caso: in azienda si capisce che sono una risorsa preziosa, perché sono giovani, pieni di energia e “sanno usare il computer”.
Dato che però le differenze di mentalità e di approccio sembrano rendere troppo difficoltosa la comunicazione tra loro e i “seniores”, PWN Milan ha pensato di avviare un progetto di reverse-mentoring, affidato peraltro al coordinamento della nostra Silvia Rigamonti: giovani donne Millennial che accompagnano professioniste over 40 alla scoperta del mondo digitale e del personal branding.
Valentina Paternoster è una delle mentori e in questo articolo ‘Millennial mentoring: che cosa sto imparando’ racconta che cosa sta imparando da questa esperienza.A partire dal fatto che si fa un gran parlare dei Millennial, ma a quanto pare senza mai chiedere un parere ai diretti interessati.
Se lo si facesse, dice Valentina, si scoprirebbero cose interessanti: ad esempio, che il fatto di essere nativi digitali non significa automaticamente avere competenze digitali; che le ragazze sono più agguerrite dei maschi; e che gli esponenti di questa generazione non sono tutti uguali, e non vanno trattati secondo schemi precostituiti. Non li si può conoscere con i soli discorsi teorici, ma bisogna vivere assieme a loro, ascoltarli, accompagnarli. E poiché questi ragazzi – come dare loro torto? – detestano che si parli di loro in assenza loro, diamo spazio alla viva voce di Valentina.
Mattia Rossi