Là dove c’erano le fabbriche, oggi ci sono “residenze per anziani”. Ovvero: una riqualificazione urbana che diventa simbolo e rappresentazione della trasformazione socio-demografica del nostro Paese.
Annotazione: le virgolette servono a ricordarci che il concetto di “anziano” è tutto da ridiscutere, come già ci siamo detti qui. E che sta nascendo anche un nuovo concetto di “residenza”.
Dunque, la trasformazione. La fine dell’era industriale ha lasciato un sacco di “buchi” nel tessuto delle nostre città. Non soltanto le grandi distese come la ex Falck a Sesto San Giovanni, ma anche tante aree relativamente piccole e meno famose. Ormai è normale trovarle recuperate come sedi di uffici, spesso appartenenti a diverse aziende, oppure con funzioni culturali e aggregative.
Poi c’è quello che sta succedendo a Bergamo:
appartamenti concepiti e realizzati su misura per le persone over 65.
E’ un angolo della città che conosco molto bene: si trova a poche centinaia di metri dalla casa in cui sono cresciuto, e ci passavo vicino tutti i giorni andando a scuola, cento metri più avanti, negli anni Settanta. Quello stabilimento ha cessato la sua attività parecchi decenni or sono, gli edifici sono stati abbattuti, il terreno bonificato, e poi è cominciata la ricostruzione.
Tra i nuovi fabbricati, sono in via di rifinitura in queste settimane due palazzi di nove piani ciascuno, con parco, che formeranno appunto un complesso residenziale dedicato alla “terza età” con 124 appartamenti.
Il complesso sarà gestito da una società specializzata. Gli abitanti avranno una dimensione privata, in appartamenti mono, bi- e tri-locali, dotati di bagno e cucina progettati con criteri specifici, che potranno essere affittati a lungo termine o per brevi soggiorni temporanei.
E una dimensione sociale: nel complesso – che avrà una reception aperta 24/7 – sono previsti ristorante, bar lounge, palestra, piscina, sauna, parrucchiere, estetista, massaggi, nonché attività ricreative intellettuali e culturali.
Non è una “residenza per anziani” nel senso che siamo abituati a dare a tale definizione. E’ un nucleo di vita quotidiana “normale” fra privato e socialità, solo che è plasmato in funzione delle esigenze specifiche – tanto fisiche quanto mentali – di una popolazione appartenente ad una determinata fascia d’età.
Ora, sappiamo bene che la nostra società è avviata irreversibilmente verso l’invecchiamento generalizzato. Perciò, questo “complesso abitativo” che oggi ci suona come un’esperienza circoscritta, originale e innovativa, in realtà rappresenta il nucleo primigenio di un modello sociale e urbano destinato a crescere, diffondersi, diventare la normalità.
E non in un libro di fantascienza: ma proprio negli anni della nostra vecchiaia, nostra di noi che stiamo condividendo queste righe su questo schermo. Perché 45 anni fa eravamo in tantissimi, bambini che andavano alla scuola elementare lì vicina. Ora la fabbrica non esiste più, ma nemmeno la mia scuola elementare: trasferita in una sede più piccola per carenza di bambini. Non so se mi spiego…
Mattia Rossi
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