Pochi studenti, poche università. Molte università italiane rischiano la chiusura dal 2030, hanno davanti solo un paio di cicli scolastici e universitari prima di vedere scendere il numero degli iscritti. Anche questo è uno degli effetti del calo delle nascite, un effetto concreto di quello che ci attende da qui al 2031 e poi al 2041.
Già oggi ci sono zone del paese in cui le scuole hanno un basso numero di studenti alle elementari e medie, ad esempio alcuni comuni montani o di piccoli paesi, ma guardando più in là le università italiane a breve vedranno scendere notevolmente il numero dei loro iscritti se non riusciranno ad attrarre nuovi studenti, non solo a livello regionale-provinciale ma anche nazionale e internazionale.
Le previsioni Istat 2018-2066 da poco pubblicate evidenziano che
il numero dei giovani 19-25enni sarà stabile fino al 2031 ma crollerà entro il 2041, anno entro il quale i nati del 2021 avranno intorno ai 20 anni – sono circa 390 mila il numero più basso di sempre – e decideranno se iscriversi all’università. Un calo previsto del 16% nella fascia d’età 19-25 anni al 2041.
In un lavoro di M. Armenise e F. Benassi ripreso da Neodemos è riportata un’analisi interessante degli effetti del megatrend demografico italiano relativo alla riduzione delle nascite e, di conseguenza, delle conseguenze in termini di nuovi studenti da inserire nei percorsi educativi.
Del resto questa si, è una previsione attendibile, quasi certa visto che si basa su dati quantitativamente misurabili. Ormai ne parliamo da anni, qui il nostro primo articolo del 2018 a cui diversi altri sono seguiti. Oggi ne vediamo gli effetti nel mondo del lavoro con occupati sempre più anziani e giovani introvabili, e allo stesso tempo ci sono presidi di scuole medie e licei che cominciano ad occuparsi di come affrontare il calo degli studenti nei prossimi due cicli scolastici.
In base ai dati regionali e agli attuali tassi di iscrizione l’articolo su Neodemos elabora una simulazione-previsione del numero di iscritti per ateneo in base ai residenti in ciascuna regione al 2041.
Entro il 2041, i mega atenei passeranno da 12 a 7 e così via come da elenco sotto.
Previsione |
Mega Atenei (oltre 40 mila iscritti) | Grandi Atenei (tra 20-40 mila iscritti) | Medi Atenei (tra 10-20 mila iscritti) | Piccoli Atenei (meno di 10 mila iscritti) |
2021 | 12 | 20 | 17 | 29 |
2041 | 7 | 14 | 24 | 33 |
Saranno particolarmente colpiti gli atenei del centro-sud, regioni in cui il calo delle nascite è più sentito, ma anche le università del nord subiranno contraccolpi.
Le sorprese non mancano nemmeno per le università più note come si vede dall’elenco seguente.
Università più a rischio (calo iscritti > 10%) |
Università a rischio attenzione (calo iscritti fino al 10%) |
Bari e Bari Politecnico | Aosta |
Basilicata | Castellanza – LIUC |
Cagliari | Catania |
Casamassima – LUM | Chieti e Pescara |
Foggia | Enna – KORE |
Messina | L’ Aquila |
Molise | Macerata |
Napoli – Federico II – Benincasa – L’Orientale | Marche |
Roma – Studi internazionali | Milano – San Raffaele |
Salento | Napoli – Parthenope |
Sannio | Perugia – Stranieri |
Reggio Calabria | |
Roma – Campus Biomedico / Europea / LUMSA / Foro Italico /LUISS | |
Sassari | |
Teramo | |
Torino – Politecnico |
Applicare il fattore demografico consente di intuire concretamente quali possono essere gli impatti sul territorio nel breve e lungo periodo.
Del resto il 2031, anno in cui le scuole elementari e medie subiranno per prime l’impatto della mancanza di studenti, è dietro l’angolo, questo esercizio di simulazione previsionale consente di capire la portata di questo fenomeno demografico anche a livello educativo e formativo, perchè a livello lavorativo ne stiamo già subendo le conseguenze in termini di scarsità di risorse junior, vedi qui.
Sviluppare politiche attrattive per coinvolgere studenti di ogni nazionalità ed età nel percorso formativo di base, ma anche adulto, in un’ottica di life-long learning non è più evitabile nè procrastinabile in nessun territorio italiano, è la chiave per sostenere crescita strutturale e stabilità di sistema, nonché politiche di welfare sostenibili non solo nel futuro ma anche e soprattutto nel presente.
Il futuro lo costruiamo adesso, non arriva all’improvviso.
ip
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